Settore Spazio

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Set 302014
 

In preparazione del primo meeting dei National Contact Point del settore SPAZIO in H2020 che si terrà a Bruxelles il prossimo 16 di ottobre 2014, APRE sta raccogliendo quesiti da indirizzare a Commissione Europea/ European GNSS Agency (GSA)/ Agenzia esecutiva per la ricerca (REA) relativi al piano di lavoro 2015 (Scarica WP2015).
A tal fine potete inviare le vostre domande direttamente ad APRE (giglio@apre.it) in inglese entro il 5/10/2014

 Scritto da alle 23:56

Orario lezioni

 Seminari e Corsi  Commenti disabilitati su Orario lezioni
Set 302014
 

L’orario delle lezioni è presente nel sito della Facoltà di Ingegneria e Architettura dell’Università di Cagliari.

La prof.ssa Giannarita Mele informa che inizierà le lezioni di STORIA CONTEMPORANEA per il primo anno del CDL in Lingue e Culture per la Mediazione linguistica (curriculum linguistico-letterario e curriculum linguistico-interculturale) VENERDI’ 3 ottobre 2014, con orario 8-10, in Aula Magna (corpo centrale Aresu). L’appuntamento è alle h.8,15, con inizio della lezione alle h.8,30 esatte.

 Senza categoria  Commenti disabilitati su La prof.ssa Giannarita Mele informa che inizierà le lezioni di STORIA CONTEMPORANEA per il primo anno del CDL in Lingue e Culture per la Mediazione linguistica (curriculum linguistico-letterario e curriculum linguistico-interculturale) VENERDI’ 3 ottobre 2014, con orario 8-10, in Aula Magna (corpo centrale Aresu). L’appuntamento è alle h.8,15, con inizio della lezione alle h.8,30 esatte.
Set 302014
 
 Scritto da alle 13:42

Settima edizione del Cagliari FestivalScienza

 Accademia, Didattica delle Scienze e Nuove Tecnologie  Commenti disabilitati su Settima edizione del Cagliari FestivalScienza
Set 292014
 

E’ on line il sito del Cagliari FestivalScienza completamente rinnovato e aggiornato. E’ presente l’intero programma del festival e da lì è possibile scaricare la brochure. Per sei giorni, dal 4 al 9 novembre, sono programmate conferenze, dibattiti, tavole rotonde, incontri con la musica e con la poesia, spettacoli, animazioni per una totale immersione nella fisica, nella matematica, nelle scienze naturali e biologiche, nella chimica, nell’astronomia e altri campi del sapere legati a queste discipline come lo sport, la medicina, la bioetica, l’ecologia.

Anche la settima edizione del Cagliari FestivalScienza presenta grandi numeri:

    • – oltre 50 gli ospiti accolti per raccontare la scienza con una ricca varietà di linguaggi,
    • – 78 gli appuntamenti in programma,
    • – 22 postazioni differenti tra laboratori e percorsi botanici e naturalistici,
    • – 8 le realtà museali e di ricerca aperti al pubblico in occasione del festival.

Inoltre:

    • – oltre 400 tra collaboratori e volontari impegnati nell’organizzazione,
    • – 47 tra dipartimenti universitari, musei scientifici, scuole e associazioni che partecipano all’iniziativa.

– See more at: http://www.festivalscienzacagliari.it/

festivalScienza2014

Appello straordinario a dicembre

 Facoltà di studi umanistici  Commenti disabilitati su Appello straordinario a dicembre
Set 262014
 
Si avvisano gli studenti che nella prima parte del mese di dicembre avrà luogo una sessione d’esame del corso di Strumenti di indagine per la valutazione psicologica. Tale appello andrà ad aggiungersi ai due già previsti nei mesi di gennaio e febbraio. Le date ufficiali saranno comunicate il prima possibile.

Esiti prova 18 Settembre

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Set 262014
 

Esitis18ETT2014

 

Gli esami saranno verbalizzati su esse3 lunedì a fine mattinata

Chi volesse delucidazioni o volesse rifiutare il voto può comunicarlo via mail entro

le ore 10 di lunedì.

Avvio lezioni di Linguistica generale e Glottologia 1° semestre 2014-2015

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Set 262014
 
Le lezioni di Linguistica generale per il CdS in Lingue e Culture per la Mediazione linguistica, indirizzo linguistico- letterario, prenderanno avvio giovedì 2 ottobre alle h. 14.00 in Aula Magna Le lezioni di Glottologia per il CdS in Lingue e letterature moderne europee ed americane prenderanno avvio giovedì 02 ottobre alle h.16.00 in Aula 8.    
 Scritto da alle 11:23

Lauree Settembre 2014

 Lauree  Commenti disabilitati su Lauree Settembre 2014
Set 252014
 

La sessione di laurea di Settembre 2014 per il Corso di Laurea in Ingegneria Biomedica è fissata per il giorno mercoledì  01/10/14  alle ore 15:00 nell’aula magna della Facoltà di Ingegneria.

Le tesi verranno discusse nel seguente ordine:

Lorenza Cuccu
“Misure di connettività funzionale e di reti complesse cerebrali in soggetti affetti da Sclerosi Laterale Amiotrofica”
(relatore Ing. M. Fraschini)

Stefano Catte
“Misure e verifiche negli impianti elettrici ad uso medico”
(relatore Prof.ssa G. Pisano)

Federico D’Agostino
“Guida alla gestione e alla progettazione degli impianti elettrici delle sale operatorie: rassegna delle tipologie di sale, con particolare riferimento alle sale operatorie ibride”
(relatore Prof.ssa G. Pisano)

Fabrizio Dessì
“Ingegneria biomedica della valvola aortica”
(relatore Prof. G. Cao)

Angela Mesina
“Studio baropodometrico su soggetti adulti affetti da sindrome di Down”
(relatore Prof. B. Leban)

Gabriele Traversari
“Sistemi bioartificiali per pazienti affetti da insufficienza epatica”
(relatore Prof. G. Cao)

Pausa per prime proclamazioni

Carla Deplano
“Sviluppo di un sistema a microcontrollore per la gestione di allenamenti cardio intervallati per biciclette a pedalata assistita”
(relatore Prof. D. Pani)

Noemi Garau
“Indici per la valutazione della qualità di segnali elettrocardiografici”
(relatore Prof. D. Pani)

Marco Todde
“Verifiche degli apparecchi elettromedicali con particolare riferimento al defibrillatore”
(relatore Prof.ssa G. Pisano)

Lucrezia Pilone
“Criteri di progettazione dell’artroprotesi totale d’anca”
(relatore Prof. M. Pau)

Eleonora Sulas
“Sviluppo di un cardiofrequenzimetro con modulo radio per eZ430 Chronos”
(relatore Prof. D. Pani)

Simona Spada
“Metodi sperimentali per l’analisi biomeccanica nel ciclismo”
(relatore Prof. B. Leban)

Daniela Melis
“Valutazione di possibili limiti dei sistemi biometrici cognitivi: magnetoencefalografia, localizzazione delle sorgenti e reti cerebrali”
(relatore Ing. M. Fraschini)

Matteo Arena
“Sistemi indossabili per il monitoraggio di variabili bio-fisiologiche: il problema dell’energy storage”
(relatore Prof.ssa A. Bonfiglio)

Nuovo orario di ricevimento

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Set 252014
 
  A causa del sovrapporsi dell’orario delle lezioni, l’orario di ricevimento nel primo semestre sarà il mercoledì, dalle 11.30 alle 13, in via Is Mirrinois (piano primo, studio 25). In via San Giorgio, 12 il ricevimento proseguirà, come sempre, su appuntamento (gmarci@unica.it).
 Scritto da alle 09:54
Set 242014
 
date inizio lezioni e orari  a.a. 2014-15 1 ottobre 2014 Letteratura italiana moderna e contemporanea (corso di laurea: Lingue e culture per la mediazione linguistica) Lunedì, Mercoledì, h. 16-18, aula 8 (Via S. Giorgio) giovedì, h. 18-20, aula 8 (Via S. Giorgio) Letteratura italiana moderna e contemporanea 1 (corso di laurea:Lettere) Lunedì, Mercoledì, h. 18-20, aula 9 (Sa duchessa) giovedì, h.  16-18, aula 9 (Sa duchessa) 27 ottobre 2014 Letteratura italiana contemporanea 2 (corso di laurea: Filologie e Letterature classiche e moderne) Lunedì, Mercoledì, h. 18-20, aula 9 (Sa duchessa) giovedì, h.  16-18, aula 9 (Sa duchessa)      

Inizio lezioni Antropologia della globalizzazione corso magistrale

 avvisi, Facoltà di studi umanistici  Commenti disabilitati su Inizio lezioni Antropologia della globalizzazione corso magistrale
Set 242014
 
Si avvisano gli studenti  del  PRIMO ANNO iscritti nella MAGISTRALE  di  LINGUE MODERNE PER LA COMUNICAZIONE E LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE  che le lezioni  di ANTROPOLOGIA DELLA GLOBALIZZAZIONE  cominceranno LUNEDI’ 9 MARZO alle ore 12:00 nell’aula 9.  Continueranno secondo il seguente orario: LUNEDI’  12:00-14:00; MARTEDI’  14:00-16:00.

Inizio lezioni Antropologia sociale corso triennale in Lingue e comunicazione

 avvisi, Facoltà di studi umanistici  Commenti disabilitati su Inizio lezioni Antropologia sociale corso triennale in Lingue e comunicazione
Set 242014
 
Si avvisano gli studenti  del  PRIMO ANNO iscritti in LINGUE E  COMUNICAZIONE  che le lezioni  di ANTROPOLOGIA SOCIALE  cominceranno MERCOLEDI’ 4  MARZO  alle ore 10:00 nell’AUDITORIUM A. Continueranno secondo il seguente orario: mercoledì  10:00-12:00; giovedì  8:00-10:00.

Nuovi tutor I anno 2014/2015

 Notizia Stampa  Commenti disabilitati su Nuovi tutor I anno 2014/2015
Set 222014
 

Care/i ragazze/i,
anche quest’anno cerchiamo 5 studenti volontari iscritti regolarmente al terzo anno che facciano da tutor didattici agli studenti del primo anno per offrire loro tutto il supporto possibile al fine di risolvere i principali problemi organizzativi, dare consigli sull’ottimizzazione delle proprie strategie di esame, etc.
I candidati devono inviare una mail di candidatura con oggetto “Candidatura Tutor I anno 2014” a biomedica@unica.it  e silvia.mulliri@diee.unica.it allegando l’elenco degli esami sostenuti con relativi crediti e voti scaricabile dalla pagina di esse3 (area personale -> segreteria -> certificati) ENTRO e non oltre giovedì 2 ottobre 2014.

PSD – Inizio lezioni Progettazione Sistemi Digitali 2014/15

 PSD, Senza categoria  Commenti disabilitati su PSD – Inizio lezioni Progettazione Sistemi Digitali 2014/15
Set 222014
 
Le lezioni di PSD avranno inizio Mercoledì 1 ottobre 2014 alle ore 8.00 in aula B0. Le lezioni si terranno sempre in aula B0, il martedì dalle 14 alle 16, il mercoledì dalle 8 alle 11, il giovedì dalle 8 alle 11. Eccezionalmente la seconda settimana la lezione del giorno 9 ottobre sarà anticipata al 6 ottobre in aula B1 alle ore 8.00 (inversione di orario con il corso di Base di dati).
 Scritto da alle 18:51

Avviso riallineamento per cdl chimica

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Set 102014
 

Si informano gli interessati che la lezione prevista per il 10 settembre dalle 8:30 alle 11:30 è annullata. A breve verrà comunicato il nuovo calendario.

“Going to school today. School choice and transition between family, school and public policies”

 Convegni e seminari, In primo piano  Commenti disabilitati su “Going to school today. School choice and transition between family, school and public policies”
Set 102014
 
THE CONFERENCE LEARNING DIGITAL: WHICH ISSUES FROM EDUCATION 2.0? Cagliari JULY 2-3 2015 Increasing digitalization of schools, universities and training centres provides the basis for the  experimentation and innovation through both bottom-up and top-down research projects. As a result, many of the “traditional” roles and rules that previously characterised  all the various contexts of socialisation, have now been re-configured according to “new” learning tools, habits and practices. What new directions will education take from here?  What “unexpected learning” outcomes and results can we otherwise expect from these changes? How does educational technology affect the ways that people work together in [...]

esami 12 settembre

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Set 102014
 
Gli esami del 12 settembre relativi ai corsi della prof. Saiu si svolgeranno nell’aula CM3 con inizio alle ore 10
 Scritto da alle 11:00

LAB. 1 INGLESE

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Set 102014
 

Please note that ALL students  ( 2nd years and F.C. in Lettere, Filosofia, Beni Culturali) need to enrol online from their homepage for the TEST D’INGRESSO for LAB.1 INGLESE  on 16.00.2104.  (9am in Aula 15 and 17) .

NB The test on 1st OCTOBER is reserved for students who have ALREADY  tried and NOT passed the test in previous years.

 Scritto da alle 10:27

CITTADINANZA, DIDATTICA DIGITALE, STANDARDIZZAZIONE

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Set 082014
 
programma presentazione volume 1 SD-6 CITTADINANZA, DIDATTICA DIGITALE, STANDARDIZZAZIONE  PRESENTAZIONE DEL N.1/2014 DI SCUOLA DEMOCRATICA  giovedì 18 settembre 2014 ore 10:00 – 13:00 AULA MAGNA ITC MARTINI Via Sant’Eusebio 10, 09127 CAGLIARI Programma  (h. 10.00) Saluti di benvenuto, A. TESTONE (Dirigente, ITC Martini)  Profilo culturale e programma editoriale della nuova serie, L. BENADUSI (direttore di Scuola Democratica)  Standard, dati e performance: la governance del sistema scolastico italiano, P. LANDRI (CNR)  Spazi e oggetti emergenti nei processi educativi, A. VITERITTI (Università di Roma “La Sapienza”)  Arrivano le LIM! Rappresentazioni e pratiche degli insegnanti all’avvio della scuola digitale, [...]

Résultats des épreuves écrites septembre 2014

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Set 082014
 
Résultats des épreuves écrites de la session de septembre 2014. 60522        22 / 30 62414         19 / 30 43373         18 / 30 46007         24 / 30 43601          23 / 30. Les épreuves orales de deuxième lectorat (laurea triennale) auront lieu le 11 /09 / 2o14 à 9 heures. Les épreuves orales de master I auront lieu  le 12 / 09 / 2014 à 9 heures.

Strategie e configurazioni allegoriche nel Laberinto de Fortuna di Juan de Mena

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Set 052014
 

Strategie e configurazioni allegoriche nel Laberinto de Fortuna di Juan de Mena

Maurizio Virdis (Università degli Studi di Cagliari)

RhesisInternational Journal of Linguistics, Philology, and Literature (ISSN 2037-4569) Literature, 4.2: 2013, pp. 294-309 http://www.diplist.it/rhesis/index.php

 

Abstract Juan de Mena ‘s Laberinto de Fortuna (1444) is built on three textual levels : a strictly allegorical one – related to the problem of knowledge, the relationship between Fortune and Providence and the problem of Time – an historical-political level and a moral one. One of the main problems of Juan de Mena’s allegorical representation lies in the representation of Time, so that, by means of this performance, the author also shows and suggests us his own concept of Time. The textual allegorical strategy of the Laberinto is largely based on a double spreading apart : on the one hand the text shows a spreading apart between the visionary-self and the experiential-self and, on the other hand, it shows a spreading apart related to time, since, effectively, the only spinning wheel is the wheel of the present, whereas the wheel of the past and the wheel of the future remain motionless. From here stems the idea that Fortune is essentially the Time in its arduous complexity. Moreover, the two terms of Juan de Mena’s allegorical discourse, Providence and Fortune, are represented in opposite ways : the first is an hypostasis deriving from the visionary and transcendental ‘self’ of the author; the second is primarily an absence, a pure factuality remaining undetermined, de-personified, and not crossing the threshold of personification. Similarly, the labyrinth itself is absent, in a way that means the lack of discernment, in a mindnot guided by Providence. Finally, the labyrinth/laberinto performed by Juan de Mena, turns to be eminently a textual labyrinth, where the reader needs to disentangle to get to the bottom of its meaning. Key words – Juan de Mena; Laberinto de Fortuna; allegory; allegorical stategies; Providence; Fortune.  

 

Laberinto

Il Laberinto de Fortuna (1444) di Juan de Mena è costruito su tre livelli testuali: quello più strettamente allegorico, relativo alla problematica della conoscenza e al rapporto Fortuna-Provvidenza, nonché alla problematica del tempo, quello storico-politico; e quello morale. Uno dei problemi principali della rappresentazione allegorica risiede proprio nella rappresentazione del tempo, tramite la quale emerge pure la concezione di esso da parte dell’Autore. La strategia testuale allegorica del Laberinto è in larga misura basata su un duplice divaricamento: quello fra l’io-visionario e l’io-empirico; e quello relativo al tempo, in quanto la ruota del presente gira in maniera vorticosa, mentre quella del passato e quella del  futuro sono immobili: ed è da qui che prende corpo l’idea che la fortuna è essenzialmente il tempo nella sua ardua problematicità. Inoltre i due termini del discorso allegorico di Juan de Mena, la Provvidenza e la Fortuna, hanno una rappresentazione diversa: la prima è un’ipostasi nata dalla capacità visionaria trascendentale dell’io; l’altra è soprattutto un’assenza, una pura fattualità che rimane indeterminata, de-personificata o che comunque non varca la soglia della personificazione. Come, ugualmente, assente è il labirinto, il quale risulta essere infine nient’altro che l’assenza di discernimento in una mente non guidata da Provvidenza; ed anche un labirinto eminentemente testuale entro cui il lettore deve sapersi districare per venire a capo del significato dell’opera. Parole chiave – Juan de Mena; Laberinto de Fortuna; allegoria; strategie allegoriche; Provvidenza; Fortuna.     Il Laberinto de Fortuna (1444), l’opera più famosa di Juan de Mena[1], e della quale qui ci occupiamo, è un poema allegorico, scritto in 297 ottave de Arte Mayor, il cui impianto è latamente dantesco. Dopo una invettiva contro la Fortuna e la sua incostanza, l’io-poetante è condotto in una dimensione visionaria sopramondana. Si tratta di una visione avuta dall’io-narrante, attraverso una complessa azione di rapimento dal mondo empirico, visione nella quale l’io-poetante viene introdotto e condotto da Provvidenza alla conoscenza della complicata macchina delle tre ruote: del passato, del presente e del futuro; ciascuna delle quali è texida da sette cerchi (in realtà la composizione e la relazione di ruote e cerchi non è del tutto perspicua nel testo ed è oggetto di indagini interpretative), corrispondenti ai sette pianeti che influiscono sul carattere e sulla vita degli uomini. Solo la ruota del presente, l’unica in movimento delle tre, è la ruota della Fortuna. Nei cerchi facenti parte della ruota del passato e del presente, l’io-visionario conosce uomini, ora negativamente ora positivamente, esemplari; gli occupanti della ruota del futuro restano ignoti e velati al visitatore e alla sua visione. Entro il poema-visione sono dunque narrate le storie di tali uomini illustri di epoche diverse, dalla classicità alla contemporaneità; alla fine del poema viene preconizzato un futuro fulgido per il re Juan II e per il suo regno. Dopodiché Provvidenza svanisce, e l’io-poetante invita il sovrano a compiere effettivamente ciò che la Provvidenza ha profetizzato. Diversi sono i livelli e gli interessi testuali: eminentemente quello più strettamente allegorico, relativo alla problematica della conoscenza e al rapporto Fortuna-Provvidenza, nonché alla problematica del tempo; quello storico-politico; e quello morale. Sarà di quello allegorico che qui di seguito principalmente ci interesseremo. *** Prendendo spunto dalle lucide considerazioni di Luís Beltran[2] sul poema allegorico di Juan de Mena, emerge che uno dei problemi principali della rappresentazione allegorica e della sua fictionalità risiede proprio nella rappresentazione del tempo, ma insieme alla rappresentazione, e proprio in grazia di essa, emerge pure l’essenza stessa del tempo, o quanto meno una sua concezione da parte dell’Autore. Non si tratta di una concezione filosofico speculativa, ma invece più pragmatica, ‘morale’ diremmo, legata al problema di individuare le virtù che presiedono al buon reggimento dello stato, e al contempo di schivare i vizi che ad esso recano danno e vi sono esiziali: problematica inquadrata sull’eterno problema della fortuna, della predicibilità del futuro, del dilemma, certo cristiano ma già pure classico, che oppone caso e necessità, Fortuna e Provvidenza; il dilemma di trovare un bandolo nella intricata matassa degli eventi, nell’altalenare degli eventi e de(gl)i (in)successi (dei sucesos). Il che significa trovare una regola di condotta e di fermezza. Questa regola si può ricavare soltanto guardando a questi sucesos e da  essi facendo esperienza e traendo insegnamento. È a partire da qui che si innesta una sorta di molteplice divaricamento nella rappresentazione che ci porge letterariamente Juan de Mena, è da qui prende corpo l’idea che la fortuna è essenzialmente il tempo nella sua ardua problematicità: anche rappresentativa. Dunque l’io loquente-poetante si sdoppia – come più volte sottolinea L. Beltrán[3] – da un lato in un “io” visionario, sottratto al suo sé e alle sue coordinate spazio temporali, il quale, rapito sul carro di Bellona, incontra Provvidenza che lo inizierà e lo condurrà in un viaggio di conoscenza; e dall’altro in un “io” storico contingente che chiosa, per il suo Re e dedicatario, quanto il suo alter visionario man mano apprende. Altra divaricazione è insita nella stessa strategia rappresentativo allegorica: se infatti l’io visionario è guidato da una figura ipostatica, la Provvidenza, l’altra grande ‘figura’, che presiede al discorso allegorico del poema e nel cui nome esso è scritto, la Fortuna intendo dire, è a tutta prima un’assenza, almeno nel senso che non prende mai le fattezze di una ipostasi: la Fortuna è l’argomento di cui si parla, è un agire senza attore, è un darsi delle cose, dei sucesos, e della sua strutturazione, o, forse meglio, della sua destrutturazione,. Strutturazione, appunto. Ed è qui che si impone un altro ulteriore divaricamento: il tempo e le sue eterne dimensioni e articolazioni: passato, presente e futuro. Divaricazione relativa al diverso essere, al diverso agire, alla diversa dinamica di tali dimensioni. Il tempo è rappresentato mediante tre ruote – quella del passato, quella del presente e quella del futuro – delle quali solo una, quella del presente, gira vorticosamente mentre le altre restano immobili; e solo una è la ruota della Fortuna: quella appunto del presente, del suo inattuale  farsi. La Fortuna è dunque movimento di inattualità e di fluidità, ma che si proietta, al contempo definendovisi, sulla immutabilità di un immoto passato, di un definito e già esperito/esperibile passato. Altrettanto immota è la ruota del futuro, cosa che può lasciare in qualche modo sorpresi e forse interdetti. Ma la cosa va vista insieme al fatto che il futuro è ignoto e invisibile anche al visionario Juan, né gli è rivelato dalla Provvidenza. La quale insegnerà e ammonirà il visionario discepolo che il futuro è determinato dall’agire nel e del presente, in logica conseguenza. Cosa che a sua volta definisce il concetto ipostatico della Provvidenza. Importanti sono, a tal proposito le considerazioni di Galen B. Yorba-Gray: In Augustinian fashion the future is seen as moving into the present and passing into the past rather than as the present moving forward in linear motion (cf. Confessions, Bk.11). The presence of the future, to borrow Ladd’s phrase, invades the here and now in various ways in the poem, frequently in a kind of temporal symbiosis. However, the future cannot be properly discussed in the Laberinto without considering its paradigmatic dependence on the kingdom of God, which in Christian thinking is perceived as coming or arriving (from parousia; “coming,” “presence” …)[4] Tutto ciò ha un senso quando si pensi che la riflessione di Juan de Mena è improntata a intenzioni morali, relative alla condotta dell’uomo, e del re in particolare, nel magma e nel vortice degli accadimenti della storia. In tale prospettiva l’imprevisto e il caso non paiono venir contemplati nelle considerazioni morali di Juan, in quanto una saggia condotta vi (deve saper) para(re) fronte. Il rimedio contro fortuna, sta dunque in una prudenza conoscitiva da acquisire attraverso una assennata considerazione dell’avvenuto, e di ciò che attualmente avviene: una conoscenza cui ovviamente presiede un solido possesso della dottrina o, forse è meglio dire, di una filosofia morale, ma anche un senso del futuro come, appunto, veniente-verso-il-presente. Dunque la fortuna e la sua problematica sono iscritte nel tempo, ma non sono propriamente il tempo, che invece le sostiene. La Fortuna è così vista per il contrario, come antitesi di (della) Provvidenza; come un’assenza, dicevo: l’assenza di un bandolo conoscitivo che sappia sintetizzare le virtù cardinali e rigettare gli antonimi d’essa viziosi; la fortuna è l’assenza di comprensione dei fatti storici, e della consapevolezza delle loro dinamica. E così pure la profezia non è chiaroveggenza degli eventi futuri (nessun exemplum è infatti offerto al visionario Juan che attenga all’avvenire), ma auspicio fondato su una tale consapevolezza: «Juan de Mena is prophetic in the Old Testament sense because he looks for pragmatic results and change»[5]. Il futuro resta inattingibile ad ogni determinazione conoscente, ma è attualizzato in fieri e virtualmente dal sapere del passato e del presente. Per questa ragione la ruota del futuro è ferma, il futuro è, nel bene e nel male, un prodotto, non deterministico, del presente. È nel presente che si agitano dinamicamente sapienza e insipienza, virtù e vizi, provvidenza e fortuna. Si veda ancora Yorba-Gray: From here we can see that the past, present, and future aspects of the wheel of Fortune reinforce and give shape to the structural movement of the figuraewithin the poem, since the wheel of the future is always becoming the wheel of the present, the only wheel in motion: Bolviendo los ojos a do me mandava, vi más adentro muy grandes tres ruedas: las dos eran firmes, inmotas e quedas, mas la de en medio boltar non çesava. (LVI.441-444) Returning my gaze to where she [Providence] commanded me, looking further in I saw three very large wheels: two were firm, immobile and quiet, but the center one did not stop turning. The constant “becoming” of the middle wheel carries the authoritative weight of correspondence to the present and coming kingdom of God. It shares, along with the wheels of the past and future, an essential unity since the three wheels represent the totality of time (LVIII). The future, like the past, is viewed as an integral part of the present and is not disassociated in a merely sequential linear mode. The third wheel, while depicted as representing, not a chimera or religious illusion, but a concrete age, is nevertheless paradoxically perceived, appropriated, and in a certain sense, experienced in the present. Its futurity is not intangible because it is already “[. . .] conçebido en la divina mente” (LX.479) (conceived in the divine mind)—it is merely beyond mankind’s capability to grasp: “saberse por seso mortal non podiera” (LIX.473) (could not be known by mortal mind), and as in Augustine, it is in constant motion towards and through the present (Confessions 269).[6] Provvidenza dunque parrebbe essere non una prescienza o un disegno già in anticipo disegnato con nettezza al fine dell’armonia delle cose mondane o universali, ella è invece un’istanza presciente in senso, diremmo oggi, virtuale, o, meglio andrebbe detto, figurale: The idea of a “substantial futurity” is found directly in Mena’s simulacras(roughly “images” (LIX.466 cited below)) of the future. The Oxford Latin Dictionary defines simulacrum variously as “that which resembles something in appearance [. . .] a likeness [. . .] an image produced by reflection.” Simulacrumand its approximate synonym, figura ‘form, shape, image, or likeness’ were normative reference points for a poet well versed in Latin like Mena, in part due to the usage of figurative interpretations of the Bible from the fourth century on (Auerbach 44). For Mena, then, the third wheel has real existence because it contains the forms (figurae) and images (simulacra) of those who “will be” (they already exist in the Divine mind): Así que conosce tú que la terçera contiene las formas e las simulacras de muchas personas profanas e sacras, de gente que al mundo será venidera e por ende, cubierta de tal velo era su faz, aunque formas tú viesses de hombres, por que sus vidas aún nin sus nombres saberse por seso mortal non podiera. (LIX.465-472) And so you know that the third one contains the forms and many profane and sacred images of future persons, and therefore they have a veil over their faces. Even if you saw them as human forms, you wouldn’t be able to know their lives or their names. The future is no more unreal than the past since they are both connected by figures.[7] Provvidenza conosce la via, ma non sa se tale via sarà seguita dagli uomini. In questo senso Provvidenza è realtà veramente profetica, essa è sommo consiglio, ma non predisposizione automatica e deterministica: resta il libero arbitrio dell’uomo: «Indeed, he [Juan de Mena] envisions a Spain expedited by the king’s righteous action and not by apocalyptic catapulting»[8].

Provvidenza è, insomma, eminentemente istanza figurale. E dunque il futuro «is no more unreal than the past since they are both connected by figures. Auerbach’s explanation of the chain of prefiguration (58) and Augustine’s assurance that the future already has “being” (Confessions 268) provide clues to Mena’s literary conceptualization of the future.»[9]. Tramite una prospettiva escatologica, Juan de Mena opera una torsione del tempo empiricamente concepito, al fine di dare, o almeno di suggerire, una rappresentazione ‘profetica’ al regno di Juan II, concepito quale figura del regno divino, o immagine speculare di quest’ultimo sulla terra. Il sovrano dovrà – come ben suggerisce il più volte qui citato articolo di Galen B. Yorba-Gray – porre fine alla Babele mondana, ossia alle fratricide guerre feudali, vero, arduo ed inestricabile ‘labirinto’ della Spagna dell’epoca, per avverare un regno mondano, certo, ma specchio o (pre)figurazione di quello divino. In realtà però, a leggerlo bene, il testo stesso si autodenuncia, tramite la voce che dice ‘io’,  per quello che è: una visione appunto. Alla fine della narrazione, allo spuntar del sole e del nuovo giorno il visionario dubita se tutto ciò che ha visto e che da Provvidenza gli è delucidato sia vero o frutto di un sogno, se non si tratti di una mera fantasticheria: pensé si los fechos de lo relatado oviesse dormiendo ya fantasïado, o fuesse veraçe la tal compañia (269b-d)[10] e domanda dunque a Provvidenza che cosa si dispone in Cielo nei confronti del Re, del nostro gran rey e fiel (270f). Provvidenza, con boca plazentera (270h), pronuncia una più che lusinghiera profezia: egli Será rey de reyes e rey de señores (271a), superiore ai pur gloriosi suoi predecessori di tutta la storia di Spagna, e le sue gesta oscureranno, per gloria, quelle di tutti gli antecedentireyes godos. Segue quindi, per ventuno ottave (271-291), la rassegna dei grandi sovrani predecessori di Juan II, e delle loro gesta (che è anche una sintesi della storia del Regno), gesta che tuttavia risulteranno di peso e di valore inferiori a quelle del Sovrano attuale. Ma la profezia di Provvidenza resta vaga, si limita a predire un fulgido futuro per Juan II e per il suo regno. E quando il visionario vuole essere maggiormente e più dettagliatamente informato su questo futuro, quando egli vuol sapere di più de toda la rueda que dixe futura,/o de los fechos que son de ventura/o que se rigen por curso fadado (293f-h), l’immagine di Provvidenza svanisce; e il poeta visionario, che, nella sua visione, dopo averla vista ascendere in alto affectando la digna excellencia (294d), vuole abbracciare l’ipostasi, può soltanto tenere abbracciate le sue proprie spalle: yo desseando con gran reverencia tener abraçados sus membros garridos fallé con mis braços mis onbros ceñidos e todo lo visto fuyó a mi presencia (294e-h). Una visione, dunque appunto, quella del vate visionario; e visione immateriale; la stessa Provvidenza è qualificata per ciò che essa è (meta)testualmente: una immagine, una produzione mentale. Ma tuttavia non destituita di senso e di verità. Una verità solo virtuale però, cui vengono meno las causas che restano così latitantes: perché fuyeronse, infatti, nel momento stesso in cui la guiadoraProvvidenza sfugge di mano al visionario, fuggirono via las ruedas e corpos humanos (295gh), nello stesso modo in cui fuggono di mano ai bambini o ai sempliciotti che vorrebbero afferrarli, quei corpuscoli che si stagliano controluce nell’aria, e che si negano al tatto (295a-d). Al Sovrano resta allora di dar corpo, spazio e tempo, a questa inattuale e incorporea virtualità profetica. E a lui, al sovrano, il Juan de Mena storico (non quello visionario e vate) si rivolge esortandolo a compiere le profezie (Fazed verdaderas …las profeçias 296gh), profezie che sono però non perfetas (296h), non ancora compiute; lo esorta a render vera la Provvidenza (Fazed verdadera la gran Providençia 297a), ad avverarla. Ad inverarla, potremmo dire, facendosi sovrano provvidenziale. Il felice auspicio nei confronti del Re può essere emesso, come sottolineano Luis Beltrán e Galen B. Yorba-Gray, perché il governo del Regno il re lo ha posto nelle buone mani del conestabile Alvaro de Luna, e questi, come il poeta mette in evidenza nella parte finale della visione nel cielo di Saturno, incarna le virtù cardinali, e le mette in pratica con la sua azione. Ma dovrà essere il Re a dar corpo alle cose profetiche: è lui che incarna il regno e lo sintetizza. È in lui che deve culminare l’azione virtuosa del suo conestabile. Dunque il futuro è speranza e auspicio, o, viceversa, caos, fortuna: a seconda che l’azione sia lasciata in balia del caso, dell’insipienza e del vizio, oppure, se l’agire sarà condotto in conformità della giusta regola morale delle virtù cardinali; e con la conoscenza, anche storica, della loro attuazione e della loro pratica, esso potrà essere foriero dell’ordine e del giusto. Siamo davanti a una sorta di torsione testuale. Il futuro. Pur dotato di concretezza, resta per l’uomo previsione, auspicio, speranza (o timore), ma la sua specifica configurazione resta ignota anche a qualunque ispirata e privilegiata umana visione. E tuttavia la corretta pratica morale potrà pervenire a un’azione nient’altro che provvidenziale, il che dipende dalla volontà e dal libero arbitrio dell’uomo e dalla sua prudenza e discernimento conoscente. Per questo tutto si determina nel presente, e solo il presente è dinamica e movimento, soltanto la ruota del presente gira nel suo movimento dinamico, mentre quella del futuro resta immobile. Immobile ma in attesa, come tutto fosse sospeso. Nella ruota del futuro il poeta vede alcune figure col volto e colmote  (che reca scritto il loro destino) coperto e velato; alcune stanno al colmo di essa, altre in attesa di caderne; sono formas e simulacras… de gente que al mundo sera venidera (59c-d), il cui nome e la cui vita restano ignote alla mente e alla capacità di comprensione umane. Gli uomini sono infatti troppo intenti alla vita pratica (cui presiede Minerva) e dunque non hanno accesso all’alto mistero e ordinamento divino (presieduto da Giove): così spiega Provvidenza nell’atto di introdurre il poeta nella sua visione entro la casa in cui volge la ruota della Fortuna: all’uomo è dato solo conoscere ciò che gli concede la sua capacità pratica, il passato e il presente, appunto. Ma….. Ma veniamo alle condizioni e alla dinamica con cui il poeta giunge alla visione. In esse, all’inizio del poema, l’autore ci descrive l’impossibilità sua, e, direi, in genere umana, di arrivare con mezzi suoi propri e usuali alla conoscenza del mistero che lo assilla, quello della instabilità delle cose terrene, del loro avvicendarsi, l’assillo della Fortuna e della sua incostanza. L’io poetante è rapito sul carro di Minerva-Bellona e lasciato in un deserto su di una pianura popolata da una moltitudine, e circondata da un muro di marmo diafano e riflettente, che rimanda però un’immagine deformata e insoddisfacente. Dopo di che l’io-poeta viene avvolto da una nube oscura che lo priva della vista; ma in cambio, come ai ciechi o ai menomati, viene dato il dono della veggenza; alle sue preghiere e al suo sforzo di comprensione, la nube si dissolve, e in mezzo alla sua rarefazione appare, ricoperta di fiori, una impareggiabilmente meravigliosa donzella tan mucho fermosa (20f): la Provvidenza, appunto. Ciò che ella rivela all’io-poetante è che ella stessa non è straniera sconosciuta, non viene de nuevo, ma ella ben sta en todas partes; e che inoltre pratica tre arti: ella ordina in essenzalas cosas presentes, dispone a sua guisa las del porvenir, rivela las fechas, rivela cioè e rende note le azioni passate. Ordina (e/ma – soltanto? – in essenza), dispone, rivela; non sembrerebbe però fare, agire in primis come motore primo. Ampia azione è lasciata all’uomo parrebbe. Non sembrerebbe insomma ella presiedere quel che comunemente siamo usi chiamare un disegno provvidenziale, un progetto predeterminato di ordine universale. Una Provvidenza umanistica verrebbe da pensare: che è il senso, tutto umano, di un ordine da trovare nell’apparente disordine. Provvidenza non è un’entità trascendente, come abbiamo visto: ella è insita nelle cose stesse. Dispone il futuro ma non lo crea, e infatti tace e svanisce quando l’io-poeta visionario vorrebbe chiederle precisazioni evenemenziali e attualizzanti del e sul futuro; lo dispone nel senso che trae partito dalle cose presenti, lo profetizza nel senso della preveggenza, non nel senso della determinazione. La trascendenza, se v’è, sta nella mente di Dio-Giove ed è imperscrutabile all’occhio ed alla mente dell’uomo. Provvidenza ordina le cose presenti, ma in essenza, e non dunque in atto dovrebbe dedursi, in comprensione piena e non in attuazione. Ella prevede. E se provvede – e dispone per il futuro – lo fa in quanto sapienza e prudenza: in quanto è nel sapere che si impianta la corretta prospettiva d’azione che guarda al futuro e che viene a capo dell’incerta fortuna. È la particolare strutturazione strategica del testo che potrebbe permetterci di affermare tutto ciò. Come abbiamo visto infatti, l’io viene nel testo sdoppiato in un io-visionario e in un io-storico contingente, fra i due rimane testualmente un legame e una comunicazione continua, nel senso che ad ogni tappa di apprendimento in ciascun cerchio delle ruote da parte del visionario che “vede” e, tramite Provvidenza, viene a conoscere, l’io-storico esorta, di volta in volta, il Sovrano al retto comportamento. Piano della visione (o dell’enunciato) e piano del narrato (o dell’enunciazione) si alternano e si intrecciano, intercalati l’uno nell’altro. E quel che il visionario apprende e il contingente riferisce ed enuncia è un insegnamento morale, un’esortazione. Un indirizzamento verso un futuro virtuoso e pertanto positivo. Non dunque un piano salvifico, trascendente, metafisico. E a guardar bene questo sdoppiamento è già prefigurato nella narrazione che precede la visione. Posto davanti allo specchio (costituito dal marmo diafano di Faro), l’io vede il suo proprio riflesso, ma deformato. Dopo di che perde la vista, quella storico contingente, usuale e pragmatica, per acquisirne un’altra, quella visionaria, appunto; ed ottiene la guida di Provvidenza. L’io trascende la visione e la capacità cognitiva pragmatica, insoddisfatto di essa. Como el que tiene espejo delante, Maguer que se mire de drecho en drecho, se parte pagado, mas no satifecho como si viese su mesmo semblante, tal me sentí ya por el semejante, que nunca así pude fallarme contento que non desease mirar mas atento, mi vista culpando por no abastante (17a-h) E giunge a una cognizione superiore e interiorizzata, speculativa.

 

Ma l’apporto di quest’ultima va riportato alle capacità della prima, che non viene dunque cancellata e obliterata, ma anzi ampliata, rimanendo collaborativa. Anche la narrazione della prospettiva visionaria, intrecciata con quella pragmatica, contribuisce al rafforzamento di tutto quanto le sta intorno. È infatti pur vero che la Fortuna è più volte evocata nel poema, tirata in ballo come forza capricciosa, inesplicabile e disordinata. Ciò ha fatto da parte di molti pensare a una contraddizione da parte dell’autore, o a una sua incapacità di venire a capo delle due eterne istanze: l’imprevedibile casualità da un lato e l’ordine provvidenziale dall’altro (Street, Lapesa, Taylor)[11]; a un’opera incoerente, non ben congegnata e ideologicamente incongrua, quasi a un fallimento nella concezione strutturale semantica. Tuttavia se teniamo ben d’occhio la reale strutturazione dell’opera, come abbiamo cercato di delinearla qui sopra, potremmo arrivare ad altre più positive conclusioni. Si è appena detto infatti che l’io è quasi scisso tra una visione pragmatica storico-contingente, e una visione ‘visionaria’, potremmo dire trascendentale (più che trascendente). E si è detto anche che, mentre da un lato Provvidenza è una vera e propria ipostasi, una personificazione-persona con la quale l’io parla, dall’altra Fortuna è una pura fattualità che rimane indeterminata, de-personificata o che comunque non varca la soglia della personificazione; è il nome che si dà al puro stato delle cose, quasi di un agire senza agente. La visione ‘provvidenziale’ consiste allora nel dare un senso a questo puro nome. Nella visione infatti i diversi personaggi storici sono presentati in quanto sottomessi a un giudizio, sono personaggi o positivi virtuosi e che stanno dunque al sommo della ruota, oppure negativi viziosi, e posti invece nella parte bassa della ruota o addirittura sotto di essa. Più che un ordine penale-giudiziario che premia e punisce, come dice Post[12], a me pare meglio un ordine sottoposto al giudizio di esemplarità, posto che il Laberinto di Juan de Mena voglia essere, come dice Rafael Lapesa, un poema esemplare per la nobiltà spagnola. Pertanto tale giudizio prescinde dalla Fortuna toccata a ogni persona. Si può stare in cima alla ruota anche qualora la fortuna sia stata avversa, ma può essere pure il contrario. Il giudizio di esemplarità prescinde insomma da ciò che la sorte riserva a ciascuno, ma sta posto nel suo intimo valore morale, nella sua intrinseca esemplarità che trascende il caso fortuito. La Provvidenza è allora la capacità di saper vedere e rettamente giudicare, al di là delle deformazioni speculari; è la capacità di andare al di là della vista o della visione pragmatica, per adire a una capacità di giudizio fondato, profetico diremmo. Solo a partire da esso si può impostare una vita e un’azione (morale) ordinata, solo da qui si può, rettamente, comprendere, disegnare e pianificare. Provvidenza rivela, ordina, dispone: sono le qualità e il dovere, insomma, di un buon sovrano pianificatore, che, a conoscenza della storia, ordina il presente e dispone (per) l’avvenire. Un sovrano dotato di discernimento; e dunque di un giudizio, che travalica l’impulso e si affranca dal capriccio della, pur ineliminabile, casualità della sorte. Perché l’azione del sovrano, o meglio del suo regno, sta al di là dei destini individuali, qualora l’esemplarità della virtù sia la bussola del suo regnare. Dunque un intrico semiotico e semantico è il testo di Juan de Mena. Una macchina complessa in cui la prospettiva allegorica si intreccia con quella narrativa ed entrambe con quella discorsiva. Un procedimento a piani sfalsati in cui  la visionarietà allegorica non è totalizzante, ma è inserita entro un più ampio disegno che riflette sulle capacità cognitive dell’uomo, tutte quante nei loro limiti e nella loro interconnessione collaborativa. Se anche è vero, come dice James Burke[13], che la figura delle tre ruote e dei cerchi in esse inseriti, o intessuti quasi, fungono da schema mentale entro cui il poeta può inquadrare ordinatamente il proprio discorso e sistemare la propria intuizione e nozione, al fine di darne informazione ai fruitori della sua scrittura, tale schema tuttavia non si esaurisce in se stesso, né, ancor meno, esaurisce il testo. Il quale si basa su un dinamismo sapiente. Le ‘storie’ inserite all’interno del testo e della visione allegorica, se da un lato saturano il desiderio storico-narrativo dei lettori/ascoltatori della scrittura di Juan, dall’altro sostanziano il discorso allegorico e lo riportano al suo giusto valore. La storia del Conde de Nebla è un bell’exemplum di come la fortuna avversa non abbia infirmato il suo valore esemplare; la storia del Condestable Alvaro de Luna è esemplare di come la sua forza sia superiore a chi vorrebbe abbattere la di lui fortuna adoperando mezzi impropri (la stregoneria) per sondare la sorte nel tentativo di rovesciarla, restandone invece rovesciato. La stessa figura di Macías, appena sbozzata, è un esempio negativo di un amore e di un amare ripiegato specularmente su di sé in maniera narcisistica e autodistruttiva, ed è impiegato dall’io storico-reale-poetante a fini politico-morali, e in ciò Juan de Mena profittava certo della fama di cui Macías godeva fra i suoi contemporanei e fra quelli del nostro autore. E in tale maniera, verrebbe da pensare, Juan de Mena riproduceva, sotto altra immagine più poeticamente e psicologicamente pregnante, quella situazione di falsa conoscenza dell’io falsamente riflesso da uno specchio deformante, prima che questi fosse avviato e poi giunto alla vera visione che s’innalza al di sopra dell’egotismo: anche di Macías può dirsi infatti che egli è pagado, mas no satifecho como si viese su mesmo semblante. Nell’economia testuale del Laberinto, la narrazione non solo fa da r imbalzo al discorso allegorico, ma contribuisce a definirlo, né può dirsi che l’allegoria sia solo un supporto per il discorso etico-politico. Non soltanto perché, come abbiamo visto e come pure è topico in testi consimili, la narra zione dà concretezza al discorso allegorico, ma anche perché di esso costituisce parte strutturalmente essenziale. Il rimbalzo insistito e l’andirivieni fra mondo e sopramondo costituiscono la struttura essenziale del testo allegorico di Juan de Mena; umanizzano e ‘laicizzano’ la modalità allegorica stessa e portano a una definizione in fieri di quella Fortuna cui l’opera si intitola  e sotto il cui e per il cui assillo essa viene scritta. Definire la Fortuna è dunque un vero labirinto, ed in questo labirinto il lettore si deve districare, sicché l’assillo che opprime l’uomo da sempre e per sempre, e in specie in epoca umanistica e rinascimentale, si dimostra essere un fatto essenzialmente linguistico e testuale: del testo dell’esistenza primariamente, che il testo linguistico letterario deve saper riflettere, anzi, costruire. Ma pure un fatto cognitivo: s’è visto quanto difficile sia stato l’accesso alla vera visione conoscente; e aggiungiamo che Provvidenza aveva ammonito il pellegrino che l’uscita dalla casa in cui gira la ruota della Fortuna può essere difficile, e che solo la costanza può essere un ausilio necessario e sufficiente. Ciò che potrebbe significare che una conoscenza debole o affrettata, o volta a false aspettative, può costituire l’inestricabile labirinto in cui ci si perde. Potrebbe dimostrare tutto questo quella che a tutta prima parrebbe essere una palese contraddizione. La Provvidenza, abbiamo visto, profetizza un fulgido futuro per il Regno e per il suo Sovrano; poi, sappiamo, Provvidenza sparisce e si dissolve; e all’io-poetante contingente non resta che incitare e ammonire il Sovrano affinché compia in atto las profeçias. Segno che la visione profetica assume un valore e una valenza di tipo scritturale: cioè non di chiaroveggenza fotografica del futuro nelle sue determinazioni ultime e attuali, ma di comprensione che, pur basata su di una intelligenza del tempo, della storia e delle contingenze storico attuali, determina solo virtualmente l’avvenire: l’attualizzazione ha pur bisogno di un atto, un atto di volontà. Confondere le due cose, attualità e virtualità, potrebbe costituire quel labirinto in cui Fortuna la farebbe da padrona. E non casualmente Juan de Mena lancia più volte strali contro la stregoneria e contro gli indovini. Il testo per il titolo che porta, ‘Laberinto’ e ‘de Fortuna’, viene ad essere metatestualmente l’allegoria di se stesso, ma anche del processo che lo ha costruito e che deve decodificarlo. Di labirinto dentro il testo non si parla, e la ‘fortuna’ stessa se proprio non assente, è, come s’è visto, quanto meno defilata entro la rappresentazione allegorica. E tuttavia essa gode di una latente presenza, sempre sulla soglia del palesarsi nella sua essenza, senza per altro varcare tale soglia. Fortuna è evocata e portata a considerazione come istanza, ma mai definita per via diretta; tuttavia essa si esplicita per via traversa, per definizione indiretta, più abbozzata o dedotta che non ipostatizzata. Il labirinto che si deve percorrere per afferrarla e per venirne a capo coincide con il labirinto testuale, prodotto e offerto da Juan, in cui Fortuna risiede. Essa è un puro dato di fatto, si diceva, la pura evenienza sulla quale però non può appuntarsi il giudizio, perché ne esula, e neppure verso di essa può rivolgersi o su di essa può fissarsi  una definizione, perché vi sfugge. Essa è un mero dato di esistenzialità: essa c’è. La Fortuna c’è, punge e sbiadisce. Ma tuttavia non infirma l’ordine delle sfere e delle ruote, che prescinde da lei. E che è ciò che all’uomo (e al lettore) deve importare. La fortuna si definisce quindi obliquamente: essa è l’antitesi di un ordine raggiunto e attinto da una speculazione trascendentale, che, eccedendo il discorso testuale ma rimanendo dentro la significanza di esso, genera la Provvidenza. Che non elimina il suo antonimo, che anzi lo genera in quanto tale e ne è a sua volta generata; né la Provvidenza pare a Fortuna muover guerra, ma la ridimensiona nel suo valore, ne attenua l’ossessione. Allegoria del concetto e labirintica allegoria della genesi di esso è allora il poema di Juan de Mena

Maurizio Virdis

Facoltà di Studi Umanistici, Università di Cagliari (Italy)

 virdis@unica.it

 

NOTE

[1] Juan de Mena visse nella prima metà del XV secolo. Nacque a Cordova nel 1411 da modesta famiglia forse di ebrei conversi, morì nel 1456 a Torrelaguna. Studiò a Salamanca visitò Firenze e Roma. Fu segretario e poi cronista ufficiale del Re di Castiglia Juan II, anche se nessuna opera è con certezza a lui attribuibile riguardo a questa funzione. Fu in amicizia col nobile e poeta Iñigo Lopez de Mendoza marchese di Santillana con cui condivideva il gusto umanistico-rinascimentale degli studi e delle lettere. Fu in contatto anche con il connestabile Alvaro de Luna, eroe e campione nell’opera sua più celebre, ilLaberinto de Fortuna. Morì pochi anni dopo aver visto la fine non felice degli uomini che più aveva a cuore: il Re Juan II e il suo connestabile Alvaro de Luna. Volgarizzò Omero, scrisse diverse poesie di carattere amoroso, e la Coronación del Marqués de Santillana o Calamicleos (1438), panegirico dell’illustre letterato di Santillana. Forte in lui fu l’influsso della classicità, nonché di Dante e della cultura umanistica italiana.

[2] Luis BELTRÁN, “The Poet, the King and the Cardinal Virtues in Juan de Mena’s Laberinto”, «Speculum », 46,2 (1971), pp. 318-332.

[3] Cfr. Luis BELTRÁN, “The Poet, the King and the Cardinal Virtues in Juan de Mena’s Laberinto

[4] Cfr. Galen B. YORBA-GRAY,  “The Future as Eschatological Presence in Juan de Mena’s Laberinto de Fortuna”, «Journal of Christianity and Foreign Languages», 5 (2004), pp. 23-39; la citazione è a p. 25.

[5] Cfr. Galen B. YORBA-GRAY,  “The Future as Eschatological Presence in Juan de Mena’s Laberinto de Fortuna”, p. 27.

[6] Cfr. Galen B. YORBA-GRAY,  “The Future as Eschatological Presence in Juan de Mena’s Laberinto de Fortuna”, p. 29.

[7] Cfr. Galen B. YORBA-GRAY,  “The Future as Eschatological Presence in Juan de Mena’s Laberinto de Fortuna”, p. 29-30.

[8] Cfr. Galen B. YORBA-GRAY,  “The Future as Eschatological Presence in Juan de Mena’s Laberinto de Fortuna”, p. 28.

[9] Cfr. Galen B. YORBA-GRAY,  “The Future as Eschatological Presence in Juan de Mena’s Laberinto de Fortuna”, p. 30.

[10] Si cita, sempre, da JUAN DE MENA, Laberinto de fortuna; edicion, introduccion y notas de Maxim P. A. M. Kerkhof, Madrid, Castalia, 1997.

[11] Cfr. Rafael LAPESA. “El elemento moral en el Laberinto de Mena: su influjo en la disposición de la obra”, «Hispanic Review», 27 (1959), 3, pp. 257-266; Florence STREET, “The Allegory of Fortune and the Imitation of Dante in the Laberinto and Coronaçion of Juan de Mena”, «Hispanic Review», 23 (1955), 1, 3 pp. 1-11; Barry TAYLOR, “Juan de Mena, la écfrasis y las dos fortunas:  laberinto de fortuna, 143-208”, «Revista de Literatura», Medieval, 6, (1994), pp. 171-181.

[12] C.R. POST, “The sources of Juan de Mena”, «The Romanic Review», 3 (1912),  pp. 223-279.

[13] James F. BURKE, “The Interior Journey and the Structure of Juan de Mena’s Laberinto de Fortuna, «Revista de Estudios Hispánicos» 22, 3 (1988), pp. 27-45.

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Riferimenti Bibliografici

JUAN DE MENA, Laberinto de fortuna; edicion, introduccion y notas de Maxim P. A. M. Kerkhof, Madrid, Castalia, 1997.

Luis BELTRÁN, “The Poet, the King and the Cardinal Virtues in Juan de Mena’sLaberinto”, «Speculum », 46 (1971), 2, pp. 318-332. James F. BURKE, “The Interior Journey and the Structure of Juan de Mena’s Laberinto de Fortuna, «Revista de Estudios Hispánicos» 22 (1988), 3, pp. 27-45.

Rafael LAPESA. “El elemento moral en el Laberinto de Mena: su influjo en la disposición de la obra”, «Hispanic Review», 27 (1959), 3, pp. 257-266.

C.R. POST, “The sources of Juan de Mena”, «The Romanic Review», (1912), 3,  pp. 223-279.

Florence STREET, “The Allegory of Fortune and the Imitation of Dante in the Laberinto and Coronaçion of Juan de Mena”, «Hispanic Review», 23 (1955), 1, pp. 1-11.

Barry TAYLOR, “Juan de Mena, la écfrasis y las dos fortunas: laberinto de fortuna, 143-208”, «Revista de Literatura», Medieval, 6 (1994), pp. 171-181.

Galen B. YORBA-GRAY,  “The Future as Eschatological Presence in Juan de Mena’s Laberinto de Fortuna”, «Journal of Christianity and Foreign Languages», 5 (2004), pp. 23-39.

 

 

 

 

New tools for Metabolomics from Mestrelab Research

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Set 042014
 

Mestrelab is a company operating in the field of spectroscopy software for a long time. They are the authors of Mnova a powerful tool for the NMR and mass spectrometry analysis platform independent and widely diffused. For the users of Mnova (like me) I report about the next course Mnova NMR Boot Camp  in Zurich and Frankfurt, October 2014. Courses are organized as 2-days training (basic and advanced) in the morning and additionally dedicated workshops in the evening. Practical sessions will make use of Mnova software as principal software for spectra analysis.

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Greetings,

Luigi Barberini

ricevimento

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Set 012014
 
Je serai à la disposition des étudiants le 4 septembre 2014 de 12 h. à 13h. au lieu du 2 septembre.
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