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  • Equiparazione anzianità tempo determinato ai fini della maturazione delle ferie

    Cagliari, 22 dicembre 2009
    Al Direttore Amministrativo
    e p.c. Al Magnifico Rettore
    Al Dirigente per la gestione amministrativa del personale
    A tutto il personale
    Università degli Studi
    CAGLIARI

    Oggetto: equiparazione anzianità TD ai fini della maturazione delle ferie
    Facendo seguito alla nota del D.A. (prot. 12957/2009) sul tema in oggetto, nella quale si sostiene l’impossibilità di valutare l’anzianità di servizio accumulata con contratto a termine ai fini della maturazione, dopo il triennio, di ulteriori due giornate di ferie all’anno (ex art. 28 comma 4 CCNL Università), si segnalano le seguenti novità giurisprudenziali.
    Il tribunale ordinario di Torino, sezione lavoro, con la sentenza n. 4148, depositata il 9 novembre 2009 (giudice Paliaga), ha applicato direttamente le disposizioni contenute nella direttiva Ue 1999/70 (a cui fa riferimento la normativa italiana sul contratto a termine) e ha accolto la richiesta di una dipendente di un ente di ricerca che – assunta a tempo indeterminato a seguito di concorso pubblico dopo alcuni contratti a termine – aveva chiesto il riconoscimento dell’anzianità pregressa.
    Secondo il tribunale di Torino è doveroso il riconoscimento dell’anzianità maturata con rapporto di lavoro a termine, perché altrimenti si andrebbe contro il divieto di discriminazione tra lavoratori a termine e lavoratori a tempo indeterminato, stabilito dalla clausola 4 dell’accordo quadro recepito con la direttiva Ue 1999/70 sul contratto a tempo determinato. Questa clausola fissa il divieto di trattare i lavoratori a tempo determinato in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato, comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive. In particolare, i criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi, sia per i lavoratori a tempo determinato, sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità
    siano giustificati da motivazioni oggettive.
    Si ribadisce, inoltre, che dal combinato disposto di cui agli artt. 1 comma 2 e 28 comma 4 del CCNL Università risulta chiaramente che l’anzianità utile (tre anni) alla maturazione di ulteriori due giorni di ferie annuali può derivare indifferentemente da un rapporto di lavoro a termine o indeterminato.
    Proprio questo ateneo ha già applicato il CCNL nel senso indicato, in occasione delle ultime progressioni orizzontali. Infatti, ai fini dell’accesso alle progressioni economiche è stato considerato utile il servizio svolto a tempo determinato. Lo stesso regolamento adottato da questo ateneo per la disciplina delle progressioni verticali prevede, in coerenza col CCNL, il riconoscimento del servizio prestato a tempo determinato ai fini della maturazione
    dell’anzianità necessaria.

    Alla luce delle considerazioni sopra esposte e delle illuminanti pronunce giurisprudenziali in materia, non valutare il servizio a tempo determinato ai fini della maturazione dei due giorni aggiuntivi di ferie annuali, appare:
    • in contrasto col CCNL Università;
    • non coerente con le decisioni assunte da questa amministrazione in tema di progressioni orizzontali e verticali;
    • in contrasto col divieto di discriminazione tra lavoratori a termine e lavoratori a tempo indeterminato, stabilito dalla clausola 4 dell’accordo quadro recepito con la direttiva Ue 1999/70 sul contratto a tempo determinato.

    Al fine di evitare dispendiose vertenze legali, si invita la S.V. a disporre la rettifica della procedura di gestione ferie, con accredito a favore degli interessati dei giorni di ferie indebitamente non computati.

    Distinti saluti
    Giorgio Mancosu
    Segretario UIL di Ateneo

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  • I sindacati separati e il pragmatismo di categoria

    Dopo l’ accordo sulla riforma della contrattazione, firmato da Confindustria e sindacati il 15 aprile scorso, sono stati rinnovati una serie di importanti contratti di lavoro, senza scioperi e senza ritardi: alimentaristi, telecomunicazioni, lavanderie industriali e, ieri, chimici. E tutti sono stati firmati anche dalla Cgil, che pure non ha sottoscritto la riforma del 15 aprile. Solo il nuovo contratto dei metalmeccanici non porta anche la firma della Cgil, ma questo succedeva anche in passato. Il sindacato di Guglielmo Epifani sostiene che con i contratti sottoscritti ha ottenuto aumenti di retribuzione superiori a quanto previsto dalla riforma. Ma appare poco credibile che la Confindustria abbia lasciato mano libera alle sue categorie. Paradossalmente, se fosse così, ciò smentirebbe proprio le critiche che la Cgil mosse al nuovo sistema, cioè che fosse rigido e centralistico. «Sovietico», disse Epifani. Più probabilmente, invece, il nuovo modello sta dimostrando di funzionare, grazie anche a una certa dose di flessibilità. E la Cgil, nei fatti, ne sta prendendo atto.

    Marro Enrico

    Pagina 49
    (19 dicembre 2009) – Corriere della Sera

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  • Formazione del personale

    Cagliari, 17 dicembre 2009
    Al Magnifico Rettore
    Al Direttore Amministrativo
    e p.c. Alle OO.SS.
    alla RSU
    A tutto il personale

    Oggetto: formazione del personale
    La formazione è una materia estremamente importante sia perché consente la crescita culturale e professionale dei lavoratori, sia perché da essa dipendono le opportunità di carriera e di progressione economica.
    Considerato il sostanziale blocco del turnover, la valorizzazione del personale in servizio, anche attraverso lo strumento della formazione, deve diventare una priorità strategica per l’ateneo.

    L’art.54 comma 1 del nostro CCNL recita “La formazione professionale continua del personale costituisce uno strumento fondamentale per la crescita del personale e per l’innalzamento del livello qualitativo dei servizi prestati dalle Amministrazioni

    Ci preme sottolineare alcuni concetti chiave indicati dal CCNL Università e dal nostro contratto integrativo in tema di formazione:

    1. trasparenza in merito alle attività formative svolte ed ai partecipanti alle stesse;
    2. programmazione annuale;
    3. equa distribuzione tra il personale delle occasioni di formazione;
    4. nel caso in cui il corso preveda una valutazione finale, rilascio di crediti formativi, validi in tutto il comparto, valutabili ai fini dei passaggi dei dipendenti all’interno delle categorie da una posizione economica all’altra e della progressione verticale.

    Il nostro ateneo stanzia ogni anno 250 mila euro per la formazione, ripartiti tra formazione interna (200mila euro) e formazione esterna (50mila euro). I soldi per la formazione esterna sono assegnati alle Direzioni.
    Il nostro contratto integrativo annovera la formazione tra i temi che devono essere affrontati nel corso della riunione annuale di programmazione. Quindi, ogni struttura è tenuta, entro il 30 novembre dell’anno precedente, a programmare le attività formative cui intende destinare il proprio personale. Accade proprio così ? Ci piacerebbe leggere i verbali delle riunioni di programmazione che obbligatoriamente devono essere trasmessi, entro dicembre di ogni anno, alla Direzione Amministrativa.
    Ci risulta che sia costume di molte Direzioni quello di non spendere del tutto o in parte i fondi per la formazione esterna. A ottobre 2009 l’ufficio formazione ha diffuso una tabella che dimostra che quasi nessuna Direzione aveva speso integralmente, a quella data, le risorse assegnatele.
    Oggi ci dicono che la situazione sia migliorata, ma vorremmo evitare che parte delle risorse destinate alla formazione vadano in economia solo per la inettitudine di qualche dirigente. Ci piacerebbe, a inizio 2010, vedere i conti e scoprire chi sono i dirigenti che si sono concessi il lusso di risparmiare sulla formazione. Magari sono proprio i dirigenti più inflessibili nella valutazione del personale! Ci piacerebbe, inoltre, scoprire come, in assenza di programmazione, le Direzioni riescano a garantire nella formazione esterna il rispetto del principio della equa rotazione del personale. Vorremmo avere a inizio 2010 gli elenchi del personale che ha partecipato ai corsi.

    Un’ultima considerazione in tema di crediti formativi. La maggior parte dei corsi organizzati dall’amministrazione non prevede alcuna valutazione finale e, quindi, non consente il rilascio di crediti formativi (spendibili dal personale nelle progressioni). Ci chiediamo che utilità abbia distribuire “a pioggia” attestati di partecipazione che altro non dimostrano se non la presenza fisica in aula del lavoratore, sia che abbia dormito tutto il tempo, sia che abbia acquisito una cultura enciclopedica. Che valore avrà questa mole di attestati di partecipazione in sede di progressioni orizzontali o verticali ?
    Chiediamo che sia convocata quanto prima una riunione di contrattazione dedicata all’esame del piano di formazione 2010 e all’approfondimento delle problematiche da noi segnalate.

    Distinti saluti
    Giorgio Mancosu
    Uil Università

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  • L’Università reale

    (da: Il Fatto Quotidiano, 13 dicembre 2009)
    di Francesco Sylos Labini (*) e Stefano Zapperi (**)

    L’organizzazione dell’università ideale è stata descritta in ogni dettaglio da alcuni economisti della Bocconi. Il modello è quello di un’università a gestione privatistica, finanziata principalmente dalle rette studentesche e non più dallo Stato, con totale libertà nel reclutamento e nella didattica. Questo sistema garantirebbe eccellenza, farebbe scomparire il nepotismo accademico e chiudere le università improduttive.
    Tuttavia, per portare a compimento un programma di questo tipo, occorre prima di tutto radere al suolo il sistema esistente.
    A questo fine giova dimostrare che l’università e la ricerca italiana sono di qualità assolutamente scadente nonostante siano finanziate addirittura in maniera eccessiva.
    Si sbandierano le classifiche internazionali e si scelgono gli indicatori statistici più appropriati sulla produttività scientifica e sulla spesa pubblica destinata all’università, utilizzando a volte metodi discutibili per tirare le statistiche dalla propria parte.
    Il modello sembra rifarsi a una versione estremizzata del sistema universitario statunitense dove le rette sono in genere molto alte anche se esiste una vasta rete di università pubbliche.
    In Europa il sistema universitario è invece prevalentemente pubblico, con rette studentesche che in molti casi sono addirittura inferiori a quelle italiane. Inoltre vi è spesso un forte sostegno al “diritto allo studio”, con residenze universitarie e borse di studio che manca in Italia.
    Se vogliamo imitare gli altri paesi, perché non cominciare portando il finanziamento a università e ricerca al livello degli Stati Uniti o almeno a quello della media dei paesi Ocse? Il disegno di legge sull’università recentemente presentato dal governo aggiunge un tassello al piano di smantellamento del sistema pubblico e di costruzione del nuovo modello privatistico. A questo piano concorrono i tagli strutturali al finanziamento universitario decisi l’anno scorso dal governo (legge 133/08), che stanno mettendo in seria crisi molte università che l’anno prossimo potrebbero non essere in grado pagare gli stipendi ai propri docenti.
    Citiamo anche il rallentamento delle procedure di assegnazione dei fondi per la ricerca (i progetti per il finanziamento della ricerca di base a livello nazionale per il 2009 sono ancora da assegnare) e la loro riduzione quantitativa (-30% in 5 anni), il rinvio di concorsi e assunzioni di personale docente.
    Tutte queste misure vengono presentate di volta in volta come dovute all’emergenza finanziaria o dettate da problemi tecnici. Sembrano invece in perfetto accordo con il modello teorico enunciato sopra e con la sua applicazione che richiede come primo passo la distruzione dell’esistente . La mancanza di risorse costringerà di fatto le università ad aumentare le rette studentesche e ad avviarsi a un modello di gestione privatistico. Inoltre la riforma della governance universitaria contenuta nel nuovo disegno di legge riduce le funzioni del senato accademico a favore di un consiglio di amministrazione con una forte componente di esterni. Di fatto si chiede ai privati di gestire l’università pubblica, senza richiedere nulla in cambio in termini di finanziamento. Una vera manna. Inoltre vengono incrementati i poteri del rettore, eletto non più da tutto il corpo accademico, ma da una ristretta cerchia di professori ordinari “con provata competenza manageriale”. In sostanza la scelta è lasciata ai soliti baroni che hanno ricoperto cariche accademiche fino ad ora.
    Il fumo che avvolge questa operazione è la “meritocrazia” parola che se presa sul serio da coloro che continuamente la invocano, dovrebbe indurre a immediate dimissioni. Per “premiare il merito” si cambiano le regole di reclutamento, abolendo definitivamente il ruolo di ricercatore, introducendo la tenure-track e cioè un contratto di 3+3 anni “eventualmente” seguito dall’assunzione come professore associato.
    Negli Stati Uniti una tenure-track è un contratto che alla fine di un periodo di prova, in genere di cinque anni, prevede l’assunzione a tempo indeterminato se la valutazione è positiva. E’ quindi prevista da subito la copertura finanziaria per l’eventuale posizione tenured.
    Nella versione italiana invece, la conferma nel ruolo di associato avviene dopo il conseguimento di un giudizio di idoneità nazionale e il superamento di un concorso locale. Paradossalmente è il vecchio posto di ricercatore ad assomigliare alla tenure-track americana: in teoria sarebbe previsto un periodo di prova di tre anni prima della conferma in ruolo. In Italia però le regole sono spesso formali e la conferma in ruolo è stata data sempre per scontata. Dunque invece di abolire il ruolo di ricercatore sarebbe stato sufficiente rendere sostanziale la regola formale con una seria valutazione dell’attività del primo triennio. La nuova tenure-track fornirà principalmente bassa manovalanza per i baroni. Intanto i massimi vertici del mondo accademico invitano le nuove generazioni di ricercatori a fuggire dall’Italia. Ci chiediamo se non sarebbe meglio che se ne andasse qualcun altro.

    (*) Centro Enrico Fermi, Roma
    (**) Cnr, Modena
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  • modificato il numero di telefono della Segreteria UIL Università di Cagliari

    Il nuovo recapito telefonico è il seguente:

    346 2292579

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