DDL GELMINI RICERCATORI IN MOBILITAZIONE

  • Roma, 1° aprile 2010 – Prot. 47

    Come è a tutti noto il DDL Gelmini sull’Università è all’esame del Senato e nei prossimi giorni verranno esaminati gli emendamenti, proposti da più parti e con vari obiettivi.

    Intanto, come era prevedibile, una vera e propria “bagarre” si sta sviluppando all’interno dei nostri atenei.

    A determinarla sono le giustificate iniziative dei ricercatori universitari, che stanno attivandosi in tutto il Paese con forme di protesta.

    Già si anticipano una serie di complicazioni nelle attività didattiche e forti disagi a studenti e famiglie per indisponibilità dei ricercatori alle attività finora rese a titolo volontario, con conseguente impossibilità per gli Atenei di attivare corsi di laurea, esami di laurea, attività didattiche non obbligatorie per legge etc.

    Nelle audizioni parlamentari e negli incontri con il MIUR abbiamo, come UIL e insieme a tutte le rappresentanze sindacali del settore, ammonito sulla insufficienza della proposta di riforma nel punto nodale dei nuovi assetti, in particolare in materia di stato giuridico della docenza e del ruolo dei ricercatori.

    Nello scorso mese di gennaio questa Segreteria Nazionale ha espresso la richiesta di una “correzione radicale delle scelte, soprattutto su due terreni: precariato e ricercatori”: istanza che oggi non possiamo che riconfermare, alla luce della protesta e della forte mobilitazione dei ricercatori universitari.

    Va riconosciuta la terza fascia docente con diritti e doveri; e se invece si vuole passare ad un modello strutturato su due fasce, occorre intanto esplicitarlo. E’ comunque necessario un confronto serrato per individuare le soluzioni utili a riconoscere il lavoro svolto dal 1980 ad oggi.

    Non si può pensare di risolvere il “problema ricercatori” limitandosi a rinchiudere in un recinto blindato coloro che tengono in piedi una parte consistente dell’attività degli Atenei! La messa ad esaurimento di 25.000 ricercatori, docenti a tutti gli effetti, è un atto arbitrario che resterà nella storia della nostra Università come una delle pagine peggiori.

    In questo quadro, l’istituzione del ricercatore a T.D. nella forma prevista dal DDL costituirà un elemento oggettivo di conflitto, sia verso gli attuali ricercatori sia verso i precari.

    Come infatti da noi affermato in occasione delle – poche – audizioni parlamentari e degli – scarsi – incontri al MIUR, l’istituzione del ricercatore a T.D. come forma esclusiva, o quanto meno prevalente, di accesso alla carriera richiederebbe almeno due condizioni: a) il divieto di assumere in altra forma (mentre il DDL opera un’altra scelta, confermando per intero tutte le forme precarie esistenti, e assommando loro la nuova fattispecie di rapporto); b) un vincolo interno alla programmazione di Ateneo nel medio termine, che costringa gli Atenei ad un rapporto obbligato tra contratti a T.D. accesi e previsioni di reclutamento (indicativamente, almeno 2 a 1).

    Dal punto di vista politico consideriamo sbagliata ed irresponsabile la decisione di non affrontare in alcun modo un nodo esplosivo e delicatissimo come il reclutamento dei giovani, ovvero la decisione di non intervenire in alcun modo sul disordine attuale del mercato del lavoro universitario, sommando problemi vecchi a nuovi.

    Scelta ancor più errata se inquadrata alla luce del quadro di attuazione del piano di reclutamento già previsto dal piano Mussi, ovvero con una platea di possibili reclutandi – già insufficiente – ridotta della metà.

    Per il personale docente, ivi inclusi i ricercatori delle facoltà di medicina, si ritiene imperativa la perequazione alle voci stipendiali dei pari grado della sanità, fatte salve tutte le indennità aggiuntive previste dal CCNL della dirigenza sanitaria.

    La Segreteria Nazionale