Day 02:07

  • Brutta politica, brutto sindacato

    Come ciascuno può facilmente verificare leggendo i giornali o assistendo a qualche programma televisivo, le tecniche attualmente più in voga nel dibattito politico sono: uso di slogan, che estremizzano i concetti e spingono i cittadini a trasformarsi in tifosi; uso di insulti e sberleffi, che screditano l’avversario e trasformano il dibattito in rissa.

    Il messaggio politico, privato della sostanza e ridotto a mera suggestione, deve essere venduto in un brevissimo lasso di tempo, per indurre l’opinione pubblica ad acclamare anche i provvedimenti normativi più scellerati.

    Lo spot contro i fannulloni, col quale il Governo ha spacciato la riforma Brunetta per procacciarsi il consenso, è un classico esempio della moderna macelleria politico-mediatica.

    Gli ambienti sindacali non sono immuni, purtroppo, da simili vizi e la tentazione di alimentare fanatismi e tifoserie prevale, a volte, sull’impegno nel curare gli interessi dei lavoratori.

    Così accade che, nel demonizzare Brunetta, Tremonti e Gelmini, si irridono i sindacati che sottoscrivono accordi non condivisi, utilizzando il medesimo mix di insulti e slogan impiegato da quei partiti che si vorrebbe spodestare. Poco importano i contenuti e l’azzeramento di qualsiasi margine di trattativa (che, invece, dovrebbe essere il vero mestiere del sindacato); l’obiettivo è una contrapposizione muscolare fine a sé stessa, che accenda gli animi e contenga le emorragie di tessere.

    Se poi un’organizzazione sindacale investe tutte le sue energie nella lotta politica, a discapito della tutela e dell’assistenza dei lavoratori, abbia il coraggio di trasformarsi in partito, invece di tradire i propri iscritti e offendere chi ha scelto di fare sindacato.

    Siamo convinti che nessun sindacato possa ostentare il monopolio della libertà, dell’eguaglianza e della giustizia, anzi, facciamo sindacato proprio perché crediamo che il mondo del lavoro abbia bisogno di più libertà, di più eguaglianza, di più giustizia.

    Il Segretario UIL di Ateneo

    Giorgio Mancosu

    Come ciascuno può facilmente verificare leggendo i giornali o assistendo a qualche programma televisivo, le tecniche attualmente più in voga nel dibattito politico sono: uso di slogan, che estremizzano i concetti e spingono i cittadini a trasformarsi in tifosi; uso di insulti e sberleffi, che screditano l’avversario e trasformano il dibattito in rissa.

    Il messaggio politico, privato della sostanza e ridotto a mera suggestione, deve essere venduto in un brevissimo lasso di tempo, per indurre l’opinione pubblica ad acclamare anche i provvedimenti normativi più scellerati.

    Lo spot contro i fannulloni col quale il Governo ha spacciato la riforma Brunetta per procacciarsi il consenso è un classico esempio della moderna macelleria politico-mediatica.

    Gli ambienti sindacali non sono immuni, purtroppo, da simili vizi e la tentazione di alimentare fanatismi e tifoserie prevale, a volte, sull’impegno nel curare gli interessi dei lavoratori.

    Così accade che, nel demonizzare Brunetta, Tremonti e Gelmini, si irridono i sindacati che sottoscrivono accordi non condivisi, utilizzando il medesimo mix di insulti e slogan impiegato da quei partiti che si vorrebbe spodestare. Poco importa se ciò azzera il dialogo e preclude qualsiasi margine di trattativa (che, invece, dovrebbe essere il vero mestiere del sindacato); l’obiettivo è una contrapposizione muscolare fine a sé stessa, che accenda gli animi e porti più tessere.

    Se poi un’organizzazione sindacale investe tutte le sue energie nella lotta politica, a disc

    Come ciascuno può facilmente verificare leggendo i giornali o assistendo a qualche programma televisivo, le tecniche attualmente più in voga nel dibattito politico sono: uso di slogan, che estremizzano i concetti e spingono i cittadini a trasformarsi in tifosi; uso di insulti e sberleffi, che screditano l’avversario e trasformano il dibattito in rissa.

    Il messaggio politico, privato della sostanza e ridotto a mera suggestione, deve essere venduto in un brevissimo lasso di tempo, per indurre l’opinione pubblica ad acclamare anche i provvedimenti normativi più scellerati.

    Lo spot contro i fannulloni col quale il Governo ha spacciato la riforma Brunetta per procacciarsi il consenso è un classico esempio della moderna macelleria politico-mediatica.

    Gli ambienti sindacali non sono immuni, purtroppo, da simili vizi e la tentazione di alimentare fanatismi e tifoserie prevale, a volte, sull’impegno nel curare gli interessi dei lavoratori.

    Così accade che, nel demonizzare Brunetta, Tremonti e Gelmini, si irridono i sindacati che sottoscrivono accordi non condivisi, utilizzando il medesimo mix di insulti e slogan impiegato da quei partiti che si vorrebbe spodestare. Poco importa se ciò azzera il dialogo e preclude qualsiasi margine di trattativa (che, invece, dovrebbe essere il vero mestiere del sindacato); l’obiettivo è una contrapposizione muscolare fine a sé stessa, che accenda gli animi e porti più tessere.

    Se poi un’organizzazione sindacale investe tutte le sue energie nella lotta politica, a discapito della tutela e dell’assistenza dei lavoratori, abbia il coraggio di trasformarsi in partito, invece di tradire i propri iscritti e offendere chi ha scelto di fare sindacato.

    Siamo convinti che nessun sindacato possa ostentare il monopolio della libertà, dell’eguaglianza e della giustizia, anzi, facciamo sindacato proprio perché crediamo che il mondo del lavoro abbia bisogno di più libertà, di più eguaglianza, di più giustizia.

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    Come ciascuno può facilmente verificare leggendo i giornali o assistendo a qualche programma televisivo, le tecniche attualmente più in voga nel dibattito politico sono: uso di slogan, che estremizzano i concetti e spingono i cittadini a trasformarsi in tifosi; uso di insulti e sberleffi, che screditano l’avversario e trasformano il dibattito in rissa.

    Il messaggio politico, privato della sostanza e ridotto a mera suggestione, deve essere venduto in un brevissimo lasso di tempo, per indurre l’opinione pubblica ad acclamare anche i provvedimenti normativi più scellerati.

    Lo spot contro i fannulloni col quale il Governo ha spacciato la riforma Brunetta per procacciarsi il consenso è un classico esempio della moderna macelleria politico-mediatica.

    Gli ambienti sindacali non sono immuni, purtroppo, da simili vizi e la tentazione di alimentare fanatismi e tifoserie prevale, a volte, sull’impegno nel curare gli interessi dei lavoratori.

    Così accade che, nel demonizzare Brunetta, Tremonti e Gelmini, si irridono i sindacati che sottoscrivono accordi non condivisi, utilizzando il medesimo mix di insulti e slogan impiegato da quei partiti che si vorrebbe spodestare. Poco importa se ciò azzera il dialogo e preclude qualsiasi margine di trattativa (che, invece, dovrebbe essere il vero mestiere del sindacato); l’obiettivo è una contrapposizione muscolare fine a sé stessa, che accenda gli animi e porti più tessere.

    Se poi un’organizzazione sindacale investe tutte le sue energie nella lotta politica, a discapito della tutela e dell’assistenza dei lavoratori, abbia il coraggio di trasformarsi in partito, invece di tradire i propri iscritti e offendere chi ha scelto di fare sindacato.

    Siamo convinti che nessun sindacato possa ostentare il monopolio della libertà, dell’eguaglianza e della giustizia, anzi, facciamo sindacato proprio perché crediamo che il mondo del lavoro abbia bisogno di più libertà, di più eguaglianza, di più giustizia.

    ito della tutela e dell’assistenza dei lavoratori, abbia il coraggio di trasformarsi in partito, invece di tradire i propri iscritti e offendere chi ha scelto di fare sindacato.

    Siamo convinti che nessun sindacato possa ostentare il monopolio della libertà, dell’eguaglianza e della giustizia, anzi, facciamo sindacato proprio perché crediamo che il mondo del lavoro abbia bisogno di più libertà, di più eguaglianza, di più giustizia.

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