Day 07:33

  • Contratti decentrati al capolinea

    [Italia Oggi – 3.9.10]

    Gli effetti della legge 122/2010. La contrattazione locale può destinare le risorse ancora disponibili. P.a. e sindacati avranno margini di manovra molto ridotti

    La manovra economica depotenzia la contrattazione decentrata. La previsione contenuta nell’articolo 9, comma 1, della legge 122/2010 limita notevolmente l’oggetto di quanto le amministrazioni, nella veste di datori, e i sindacati possono trattare, nelle materie residue soggette alla relazione della contrattazione. La disposizione, come noto, congela parte delle retribuzioni, disponendo che il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti non può superare, in
    ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l’anno 2010. Leggendo il comma 1 dell’articolo 9 in combinazione col successivo comma 2-bis, per effetto del quale sussiste non tanto un tetto individuale del salario accessorio, bensì un tetto per ente, si deve ritenere che il concetto di «trattamento ordinariamente spettante» comprenda la parte della retribuzione fissa e continuativa. In altre parole, la contrattazione decentrata non potrà intervenire sulla retribuzione
    tabellare (ma questa è sempre stata materia riservata alla contrattazione nazionale), né su elementi che accedono in modo irreversibile al trattamento economico, come ad esempio retribuzione individuale di anzianità, effetti di reinquadramenti fissati nel passato dalla contrattazione collettiva, l’indennità di comparto propria della realtà di regioni ed enti locali e la posizione economica acquisita per effetto delle progressioni orizzontali. La manovra, disponendo un generalizzato blocco della contrattazione collettiva, valevole tanto per quella nazionale, quanto per quella decentrata, e congelando le parti fisse e continuative delle retribuzioni dei singoli
    dipendenti, priva le amministrazioni per il triennio 2011-2013 della possibilità di attivare progressioni economiche. Conseguentemente, la contrattazione decentrata, che tipicamente ha come oggetto la destinazione del fondo delle risorse decentrate costituito dall’ente, non potrà occuparsi dell’eventuale destinazione alle progressioni orizzontali. La contrattazione, ancora, viene privata della possibilità di intervenire sulla destinazione del fondo, con riferimento alla previsione
    contenuta nell’articolo 9, comma 2-bis, della legge 122/2010, ove si stabilisce che a decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale è automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio. Nella sostanza si introduce un obbligo discendente direttamente dalla legge di ridurre le risorse decentrate. Pertanto, spetta esclusivamente alle amministrazioni determinare l’ammontare della riduzione, nella fase della costituzione delle risorse. Ovviamente, ciò finisce per circoscrivere gli spazi della contrattazione
    decentrata, la quale, nella sostanza, si limita a concordare la destinazione delle risorse decentrate libere, cioè ancora disponibili, dopo aver computato i valori delle progressioni economiche, dell’indennità di comparto, nonché delle indennità finalizzate a remunerare mansioni particolari o connesse a modalità di erogazione dei servizi (rischio, turno, reperibilità, disagio, maneggio valori, particolari responsabilità). Questa parte ancora disponibile, per altro, riguarda le sole risorse stabili,
    quelle sulle quali è possibile una reale contrattazione. Infatti, le risorse variabili sono per loro natura già destinate dal contratto, ad esempio a incentivare progettisti, avvocati, gli uffici tributi per il recupero Ici, oppure al premio per i risultati individuali. Alla contrattazione, comunque, resta certamente la competenza a destinare, annualmente, le risorse ancora disponibili. Da questo punto di vista, il ruolo della contrattazione non risulta cancellato, ma solo ridimensionato dai nuovi
    vincoli imposti dalla legge. Ancora, la contrattazione decentrata deve provvedere all’adeguamento dei contratti decentrati stipulati prima dell’entrata in vigore del dlgs 150/2009 ai contenuti della riforma-Brunetta. Quello disposto, infatti, dall’articolo 65 del dlgs 150/2009 è un vero e proprio obbligo e non una semplice facoltà. La legge ha lasciato alle parti la possibilità di adeguare gradualmente le clausole incompatibili con la riforma, dando ben due anni di tempo agli enti locali.
    Ma, le clausole non adeguate non possono considerarsi applicabili. Prima di attuarle occorre attivare la contrattazione, che ha l’obbligo di eliminare gli elementi di contrasto, per sbloccarne così l’attuabilità

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  • Concorsi illegittimi senza mobilità

    Il bando per un concorso pubblico è illegittimo se l’ente non ha attivato la procedura di mobilità prevista dalla norma, in quanto non si è consentita agli interessati, la presentazione delle eventuali domande di trasferimento.
    Il Consiglio di Stato, Sez. V, nella sentenza 18.08.2010 n. 5830, ha annullato un bando per la copertura di un posto di funzionario amministrativo, bandito da un’unione di comuni.
    Il comma 1 dell’articolo 30 del dlgs n. 165/2001, fissa il principio della mobilità volontaria a domanda, prevedendo che i posti vacanti possono essere ricoperti con cessione del contratto di lavoro da dipendenti di altre amministrazioni pubbliche, che richiedano il trasferimento. È necessario, comunque, che siano rese pubbliche le disponibilità dei posti, fissando preventivamente i criteri di scelta.
    Il comma 2-bis, introdotto dalla legge n. 43/2005, stabilisce che le amministrazioni, prima di espletare il concorso, devono attivare le procedure di mobilità suddette, e il trasferimento è disposto nei limiti dei posti vacanti, con inquadramento nell’area funzionale e posizione economica corrispondente a quella posseduta presso l’amministrazione di provenienza.
    Le disposizioni normative sono senz’altro applicabili anche agli enti locali, in quanto rientranti nell’ambito delle disposizioni del decreto legislativo, e impongono alle amministrazioni pubbliche di avviare, prima dell’espletamento delle procedure concorsuali, le procedure di mobilità.
    Con propria sentenza, il Tar per l’Emilia Romagna accoglieva il ricorso presentato da una cittadina, considerando che la norma obbligava ad avviare, preventivamente, le procedure di mobilità.
    L’unione dei comuni presenta appello al Consiglio di stato, per la riforma della predetta sentenza, evidenziando l’autonomia costituzionalmente riconosciuta agli enti locali.
    Per il Consiglio di stato l’appello è infondato, in quanto l’interpretazione letterale delle norme impone alle pubbliche amministrazioni di avviare prima la mobilità e poi espletare le procedure concorsuali. L’obbligo risponde all’interesse pubblico di riduzione della spesa pubblica. Tale previsione non lede l’autonomia delle amministrazioni poiché, al fine della copertura di un posto vacante, è tenuta, innanzitutto, ad avviare la procedura di mobilità, diretta ad accertare l’esistenza di dipendenti pubblici già in servizio, con le necessarie professionalità. Solo l’esito infruttuoso della mobilità permette all’ente di indire la procedura concorsuale.
    Per i giudici di palazzo Spada, non può accogliersi neppure quanto sostenuto dall’appellante (che la procedura di mobilità sarebbe relativa soltanto all’immissione di dipendenti pubblici in posizione di comando o di fuori ruolo) in quanto, dalla corretta interpretazione della norma si evidenzia che tali categorie hanno, esclusivamente, una priorità rispetto agli altri dipendenti che partecipano alla mobilità, ergo non si può affermare che la procedura sia riservata soltanto a questi dipendenti.
    La norma, infine, non può dirsi rispettata con il semplice esame delle domande di trasferimento presentate spontaneamente da dipendenti pubblici, in quanto manca l’adempimento all’obbligo di rendere pubbliche le disponibilità dei posti in organico e la fissazione preventiva dei criteri di scelta

    (articolo ItaliaOggi del 31.08.2010, pag. 27).

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  • La CONTRATTAZIONE INTEGRATIVA nelle UNIVERSITA’

    Incoerenze della L. 122 del 30 luglio 2010 (manovra economica di luglio)

    e della circolare n.7 del 13 maggio 2010 pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 15 LUGLIO che da indirizzi applicativi del D. Lgs. n.150 del 27 ottobre 2009 (Brunetta).

    La circolare 7, in modo molto discutibile ed improprio, ribadisce i contenuti del D. Lgs. n.150 forzandoli per dimostrarne l’applicabilità, nonostante che la manovra economica ne blocchi una buona parte.

    Infatti, la L. 122 mette un freno notevole al D. Lgs. n.150 in molti aspetti riguardanti la contrattazione integrativa:

    –         innanzi tutto blocca i rinnovi dei contratti nazionali 2010 – 2013;

    –         ed impone che per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio non può superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l’anno 2010, senza considerare gli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, comprese le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, malattia, missioni svolte all’estero, effettiva presenza in servizio (comma 1 dell’art. 9).

    Nulla viene messo, ma nulla viene tolto ed in questa sorta di congelamento tutti gli istituti previsti dai contratti nazionali vigenti continuano ad avere effetto.

    Sono illegittime le disposizioni di alcune amministrazioni universitarie che tendono a sospendere l’erogazione dell’indennità mensile ex art. 41.

    Non è nemmeno possibile collegare l’accessorio alla performance, al bonus delle eccellenze ed al premio annuale previsti dal complicato impianto del D. Lgs. n.150, perché occorre attendere i rinnovi dei contratti nazionali come viene pure affermato dalla commissione nazionale per la valutazione (CIVIT) che rimanda tutto al 2013.

    E’ fondamentale che entro il mese di dicembre 2010 siano chiusi tutti i contratti integrativi 2010 inserendo tutte le destinazioni economiche senza considerare l’eventualità di accantonamenti, resti o recuperi che andrebbero perduti

    Un altro aspetto importante riguarda l”adeguamento” dei contratti integrativi vigenti entro il 31 dicembre 2010 pena decadenza degli stessi (comma 1, art. 65 D. Lgs. n.150).

    Anche in questo caso la circolare 7 “esagera” la legge ed è opportuno fare alcune osservazioni.

    Innanzi tutto occorre valutare se ed in quali parti i contratti integrativi siano da “adeguare” al titolo III – merito e premi – del D. Lgs. n.150, considerando che:

    –         la L. 122 blocca tutto, quindi non è possibile adeguare nulla;

    –         per quanto riguarda le progressioni orizzontali e verticali, il vigente CCNL 16.10.2008 già prevede una selettività ed i contratti integrativi, sicuramente, sono a questo corrispondenti.

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    ASSENZE DAL SERVIZIO PER MALATTIA

    La circolare 8/2010 del dipartimento della funzione pubblica esclude dalla decurtazione economica del salario accessorio per malattia la retribuzione di risultato dei dirigenti ed anche, per analogia, le voci corrispondenti che hanno la stessa natura (risultati conseguiti ed attività valutabile) che riguardano le altre categorie del pubblico impiego.

    Ricordiamo il salario accessorio della categoria EP ed anche l’indennità di responsabilità.

    La Segreteria Nazionale

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