Modelli animali in comportamento e tecnica di Microdialisi per lo sviluppo di nuove terapie farmacologiche nella Sindrome di Tourette.

 

Nelle neuroscienze comportamentali, un modello animale è una “rappresentazione” sperimentale che cerca di simulare una patologia umana e di studiarne le cause (eziologia), la fisiopatologia, la risposta ad un trattamento farmacologico.
La validità dei modelli animali può essere stabilita sulla base di tre criteri fondamentali (Willner, 1991): il primo criterio è basato sulla face validity che stabilisce quanto i sintomi osservati nel modello animale somiglino a quelli del paziente. Il secondo criterio, la predictive validity, rappresenta quanto il modello risponda alle stesse manipolazioni terapeutiche utilizzate in clinica; in pratica la validità predittiva nei modelli animali in psichiatria è determinata in larga misura dalla loro risposta farmacologica, nelle stesse condizioni di trattamento che si usano per l’uomo. Il terzo criterio è la construct validity che stabilisce il grado di coerenza tra modello animale e razionale teorico della malattia. Tra i modelli comportamentali animali sviluppati in campo neuropsichiatrico, uno dei più utilizzati e meglio riconosciuti nella letteratura scientifica che rispecchia tali criteri di validità è il paradigma della Prepulse Inhibition (PPI) del riflesso di Startle.
Il paradigma della prepulse inhibition consiste nella normale soppressione del riflesso di startle (trasalimento), che si verifica quando ad un intenso stimolo (pulse), in grado di evocare il riflesso stesso, viene fatto precedere un debole evento sensorio, o pre-stimolo (prepulse) (Graham, 1975; Braff et al., 1978). Il riflesso di startle è il risultato di una costellazione di risposte ad uno stimolo improvviso e relativamente intenso, che si manifesta con una contrazione dei muscoli scheletrici e facciali, generalmente classificato come una reazione di difesa. Il grado con il quale la prepulse inibisce la risposta motoria riflessa al successivo intenso evento sensorio (stimolo di startle) costituisce una tra le più semplici misure operative di inibizione sensori-motoria, o “sensorimotor gating” (Abruzzese, 2003). Tale forma di inibizione rappresenterebbe il meccanismo attraverso il quale stimoli in eccesso, o privi d’importanza, vengono vagliati o “estromessi” dalla coscienza, affinché il soggetto possa focalizzare l’attenzione sugli aspetti più salienti di cui è caricato lo stimolo. Questo periodo di ridotta responsività potrebbe servire transitoriamente a proteggere l’informazione contenuta nel debole stimolo iniziale affinché possa adeguatamente essere elaborata senza l’interferenza di stimoli successivi più forti.
Allo stato attuale, la PPI è un potente strumento nello studio non solo della modulazione dei riflessi, ma anche dei deficit del sensorimotor gating e di alcuni disturbi psichiatrici ad essi associati, come la Sindrome di Tourette. Uno dei maggiori vantaggi nell’utilizzo di tale metodica è rappresentato dal fatto che fenomeni comportamentali omologhi possono essere studiati in varie specie. Negli esseri umani, il riflesso di startle è misurato con un esame elettromiografico dei muscoli orbicolari dell’occhio (eye blink), mentre nei roditori si utilizza una camera stabilimetrica per misurare le sollecitazioni indotte dallo stimolo di startle.
Diversi gruppi di studio hanno riportato deficit nella PPI in pazienti con schizofrenia, disturbo ossessivo compulsivo, morbo di Huntington, enuresi notturna, disturbo del deficit dell’attenzione e sindrome di Tourette (Braff et al., 2001). Questi disturbi sono tutti caratterizzati da deficit di gating sensoriale, motorio o cognitivo e da anormalità nella via cortico-striato-pallido-pontina che modula la PPI. Ciò indicherebbe che ogni condizione clinica caratterizzata da anomalie di questo circuito cerebrale si accompagnerebbe ad una relativa riduzione della PPI stessa.
Nella Sindrome di Tourette, i deficit di gating sensoriale e cognitivo rappresentano una caratteristica clinica importante, il che rende la PPI uno strumento prezioso nello studio di tale disturbo.
Validi contributi alla comprensione dei substrati neurobiologici di questo tipo di disturbi, provengono, ovviamente, dagli studi sui modelli animali in psichiatria. Lo studio della PPI nei roditori ha consentito più agevolmente di investigare la sua modulazione attraverso i trattamenti farmacologici, specialmente a carico del sistema monoaminergico.

Il riscontro neurochimico dei vari pattern di comportamento fisiologici o secondari a terapia farmacologica viene studiato con la Microdialisi che a tutt’oggi rappresenta una delle metodiche più diffuse per lo studio dell’azione dei farmaci in vivo.
La tecnica si basa sull’impianto di una sottile sonda dotata di una membrana semipermeabile (da dialisi). All’interno della sonda possono passare solo i composti che hanno un peso molecolare compatibile con la porosità della sua membrana. Le sostanze presenti nel fluido extracellulare cerebrale diffondono, secondo il loro gradiente di concentrazione, verso la soluzione fisiologica che fluisce all’interno della sonda. Il campione ottenuto con la microdialisi viene raccolto ed analizzato con tecniche analitiche appropriate. Una di queste, in uso nei nostri laboratori, utilizza la cromatografia liquida ad alta pressione (High Pressure Liquid Cromatography = HPLC). Anche la HPLC è una tecnica estremamente versatile, adatta all’analisi qualitativa e quantitativa di numerosissime sostanze.
Noi usiamo queste tecniche per valutare i livelli extracellulari cerebrali delle catecolamine (dopamina e noradrenalina) e di altri neurotrasmettitori quali serotonina, glutamato e GABA, in specifiche aree cerebrali. Effettuando campionamenti ripetuti ad intervalli di tempo regolari, siamo in grado di vedere come la concentrazione di queste sostanze varia in seguito a stimoli fisiologici (stress, assunzione di cibo, paura, accoppiamento, et cetera) o dopo la somministrazione di farmaci.
Poiché l’animale, nel corso dell’esperimento, è sveglio e libero di muoversi, è possibile tra l’altro correlare le variazioni dei livelli di neurotrasmettitori con le variazioni comportamentali eventualmente secondarie a stimoli ambientali o alla somministrazione di farmaci.
Tra le più importanti applicazioni della microdialisi si possono annoverare:
1. Studi di neuroanatomia funzionale (un modo per rivelare le interazioni chimiche tra vie neurotrasmettitoriali precedentemente identificate istochimicamente ed in cui la microdialisi può essere combinata con altre tecniche quali lesioni di alcuni fasci neuronali, stimolazioni chimiche locali, interventi farmacologici);
2. Studio del meccanismo d’azione di farmaci noti o nello sviluppo di nuovi farmaci e studi di farmacocinetica e distribuzione dei farmaci;
3. Studi comportamentali (è possibile trovare il riscontro neurochimico di quei comportamenti fisiologici o indotti da trattamento farmacologico);
4. Studi ormonali e monitoraggio di eventi metabolici (infatti impiantando fibre da dialisi anche in altri organi e tessuti tra cui il sangue è possibile monitorare qualunque sostanza compatibilmente col cut-off di membrana);
5. Applicazioni alle neuroscienze cliniche ( in Svezia è stata applicata anche all’uomo per studi legati ad ischemia, traumi, o episodi epilettici al fine di chiarire la biochimica di questi eventi).

Paola Devoto, Roberto Frau, Silvia Paba

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