La Patologia di G. de la Tourette
La Sindrome di Tourette
La sindrome di Tourette prende il nome dal neurologo francese Gilles de la Tourette, che per primo la descrisse sistematicamente nel 1885, sulla base di alcuni casi riferiti in precedenza da alcuni eminenti neuropsichiatri. Tra questi, spiccava in particolare il caso, descritto da Marc Itard sessant’anni prima, della marchesa di Dampierre, una nobildonna parigina tristemente nota tra i salotti della capitale per le sue urla oscene e volgari, i suoi spasmi improvvisi e il suo comportamento sociale “deplorevole”. Dopo diversi anni di relativo oblio, la sindrome tornò sulla scena clinica negli anni ’70, con la sua rivalutazione come disturbo non solamente psicologico, ma anche neurologico. Gli ultimi 30 anni hanno testimoniato una crescente ricerca sulla sindrome, che hanno portato a significativi (ma ancora incompleti) miglioramenti diagnostici e terapeutici.
La caratteristica centrale della sindrome di Tourette è la comparsa di tic, fenomeni motori o vocali involontari, improvvisi, ripetitivi e non completamente controllabili. In generale, si distinguono due forme principali di tic, motori e fonici. I primi a loro volta comprendono movimenti semplici, (come l’ammiccamento della palpebra, lo scuotimento della testa, etc.), e tic complessi, movimenti tipicamente più ritmici e lenti che riguardano diversi gruppi muscolari (come il contatto ripetuto di oggetti, il rannicchiamento ripetuto etc.). Similmente, i tic fonici si distinguono in semplici, come raschiamenti della gola, grugniti o fischi, e complessi, come il proferimento di frasi oscene (coprolalia), o la ripetizione di frasi proprie (palilalia) o altrui (ecolalia).
L’intensità, la frequenza e la durata dei tic variano grandemente tra diversi individui e nel corso del tempo. In generale, essi aumentano in situazioni di stress emotivo, eccitazione e tensione, mentre si attenuano durante i periodi di concentrazione, rilassamento o sonno. È infatti da notare che i tic possono essere procrastinati volontariamente per periodi di durata variabile, ma mai completamente soppressi. In molti individui affetti dalla sindrome, è tipica la descrizione di un’ “urgenza premonitoria” che precede il tic e che si manifesta come una tensione interna che si estingue solo con l’esecuzione del tic stesso.
Sulla base di linee guida internazionali, la diagnosi di sindrome di Tourette è effettuata quando si possa documentare la presenza di tic spontanei, sia motori che fonici, ricorrenti nel corso dell’ anno precedente e senza periodi di remissione completa superiori ai 3 mesi consecutivi. Un altro importante criterio diagnostico della sindrome di Tourette riguarda il periodo di comparsa dei primi tic, che avviene sempre in età infantile e normalmente tra i 5 e i 7 anni di età. Il disturbo è infatti tipicamente osservabile nell’1% dei bambini di età scolare e colpisce preferibilmente i maschi con una frequenza quattro volte superiore rispetto alle femmine. L’intensità dei sintomi tipicamente aumenta nella pubertà, raggiungendo l’acme tra i 10 e i 14 anni. Mentre i primi tic sono solitamente motori e a carico della faccia, in molti casi l’avanzamento del disturbo comporta l’interessamento progressivo dei muscoli del collo, delle spalle, del tronco e delle estremità, e la successiva comparsa di tic vocali.
La sintomatologia tende in molti casi a declinare spontaneamente a partire dai 19-20 anni e spesso ad estinguersi con la maturità. Si stima infatti che la percentuale di adulti affetti da sindrome di Tourette sia considerevolmente inferiore rispetto alla fascia di popolazione infantile, e si attesti attorno allo 0,1%. Alcune recenti ricerche sembrerebbero mostrare che i pazienti adulti hanno avuto solitamente una storia di tic severi in età infantile.
Nella maggior parte dei casi, la sindrome di Tourette si accompagna ad altre patologie psichiatriche, quali il disturbo da deficit attenzionale e iperattività (ADHD) ed il disturbo ossessivo-compulsivo. In particolare, la concomitanza della sindrome e di manifestazioni ossessivo-compulsive è estremamente frequente e tende ad essere profondamente invalidante.
Le ossessioni sono pensieri intrusivi e stressanti, generalmente infondati o basati su valutazioni non realistiche. In particolare, i soggetti tourettici tendono più frequentemente a manifestare ossessioni di simmetria, o su base violenta o sessuale, o ancora di perdita di controllo.
L’ansia associata alle ossessioni è generalmente neutralizzata dalle compulsioni, azioni ripetitive e non finalizzate, come il lavaggio ripetitivo e pedissequo delle mani, la messa in atto di specifici rituali di controllo, la conta o messa in ordine di oggetti etc. Queste azioni tendono ad occupare una cospicua parte della giornata, arrivando ad essere fortemente invalidanti per il funzionamento sociale dell’individuo.
Nonostante la ricerca abbia compiuto importanti progressi sulla sindrome di Tourette, le sue cause sono ancora globalmente poco note. Studi su gemelli hanno evidenziato che la sindrome ha sicuramente una forte componente ereditaria, in cui diversi geni potrebbero contribuire a stabilire una predisposizione a contrarre la sindrome. Nonostante a tutt’oggi non sia stata individuata alcuna chiara associazione genetica con la sindrome di Tourette, alcune ricerche hanno evidenziato che alterazioni del gene SLTRK1 nel cromosoma 13 potrebbero essere una delle cause del disturbo, ancorché probabilmente non in maniera specifica. Al di là delle predisposizioni genetiche, è noto che la sindrome di Tourette è causata da alterazioni funzionali di alcune aree cerebrali, dette gangli della base, e delle loro connessioni con la porzione frontale della corteccia cerebrale. Le alterazioni di questo complesso circuito, in particolare, sembrano essere connesse ad anomalie del sistema della dopamina, un neurotrasmettitore che regola principalmente il controllo del movimento e del piacere. Altri neurotrasmettitori, quali la serotonina, la noradrenalina e il glutammato, sembrano rivestire ruoli importanti nella patogenesi della sindrome di Tourette e delle patologie associate, come il disturbo ossessivo-compulsivo.
È proprio su queste basi che si fonda l’attuale terapia farmacologica della sindrome. In molti casi, l’attenuazione dei tic può essere ottenuta con l’utilizzo di farmaci che bloccano uno dei recettori della dopamina, chiamato D2. Questi farmaci, come l’aloperidolo o la pimozide, sono normalmente efficaci nel migliorare i sintomi, ma possono talvolta causare sedazione ed effetti collaterali motori (tra i quali una serie di reazioni simili a quelle presenti nel morbo di Parkinson). La terapia si avvale anche di presidi non farmacologici, come la psicoterapia o l’Habit Reversal Training, una metodica basata sull’intervento comportamentale per la soppressione dei tic. Altre strategie di trattamento, come la stimolazione magnetica transcranica, sono attualmente in fase di sperimentazione.
Marco Bortolato