Mar 182012
 

Ho letto con attenzione le critiche di David Andrade, attivo animatore del blog “Educational Technology guy” all’impresa promossa dalla Khan Academy di condividere video lezioni (in inglese) nell’area della matematica.

logo Khan AcademyLa Khan Academy inizia le sue attività nel 2006 come fondazione no-profit a partire dal lavoro di Sal Khan e grazie al contributo di Bill Gates e di Google (una accurata ricostruzione è in un articolo di Soldavini sul Sole 24 Ore del 29/1/2012). L’idea, relativamente semplice, prende avvio in maniera del tutto incidentale un paio di anni prima quando Sal, allora analista finanziario con tre lauree alle spalle, aveva iniziato ad aiutare la cuginetta tredicenne alle prese con le equazioni con delle video-spiegazioni affidate a YouTube. Abitando in una diversa città degli USA non era infatti possibile aiutarla a risolvere i problemi scolastici diversamente. I video, inseriti in rete senza troppe restrizioni, furono rapidamente utilizzati da migliaia di persone tanto che il fenomeno raggiunse l’attenzione dei media e, successivamente, dei facoltosi finanziatori dell’attuale fondazione.

Oggi che i video sono più di tremila (e i soldi che giungono alla Khan Academy non sono pochi) si è aperto un dibattito sull’utilità di questo tipo di iniziativa e, in particolare, sull’efficacia di questo materiale didattico. In estrema sintesi David Andrade ritiene che si tratti di noiose lezioni, per niente innovative dal punto di vista didattico, e che anzi non riescano a raggiungere l’obiettivo di aiutare gli studenti a comprendere la teoria al di là della risoluzione del problema.

…Khan Academy is not education reform and it is nothing special or new. It is actually bad pedagogy. Learning needs to be interactive and student centered. Video lectures are neither.

In  altre parole cattiva pedagogia che non merita i finanziamenti che ottiene. Il contributo prosegue con il criticare anche le proposte, come quella del movimento Flipped Classroom (sul quale si legga questo post), che suggerirebbe di impiegare questo tipo di materiali – assieme ai libri – prima della lezione in classe, una sorta di anticipatori, per facilitare l’apprendimento e rendere più efficace la lezione. Qui, secondo David Andrade, il problema starebbe nell’inutile perdita di tempo per studenti che si troverebbero a dover studiare, prima, durante e dopo. Insomma: queste video lezioni sarebbero un disastro totale. Ovvero: che si usino pure (lui non ha niente in contrario se i suoi allievi utilizzano questi materiali), però che non si dia troppa importanza a questa iniziativa!

L’analisi è in parte condivisibile, ma per certi aspetti forse un po’ affrettata. Quando si parla di risorse aperte per la didattica, specie davanti a numeri così imponenti, è opportuno assumere un atteggiamento di maggiore rispetto (anche se le possibilità di miglioramento magari ci sono…).

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