Relazione del Segretario di Ateneo Giorgio Mancosu al 3° Congresso Provinciale UILPA di Cagliari

  • Introduzione

    Buongiorno a tutti.

    Innanzitutto, ringrazio l’On. Farigu perchè col suo intervento mi ha reso ancor più orgoglioso di far parte della UIL.

    Prima di affrontare tematiche più generali relative al lavoro pubblico, vorrei in breve presentarvi  il Coordinamento Università di Cagliari, che dopo tanti anni è onorato di riavvicinarsi alla grande famiglia UILPA.

    Da poche settimane il nostro Congresso ha quasi interamente rinnovato il gruppo dirigente  con membri eterogenei per professionalità e collocazione lavorativa; questo ci consente di meglio rappresentare le esigenze delle diverse categorie di lavoratori e di rendere più capillare l’assistenza sul posto di lavoro.

    Una delle attività a cui dedichiamo particolare cura è l’informazione sindacale. Riteniamo, infatti, che l’informazione sia la prima forma di rispetto nei confronti del lavoratore oltre che uno strumento che favorisce la trasparenza dell’azione sindacale. L’utilizzo delle più recenti tecnologie telematiche ci consente un contatto quotidiano con gli iscritti e con tutti gli altri lavoratori.

    Negli ultimi tempi abbiamo profuso un particolare impegno per favorire l’assunzione nel nostro ateneo degli idonei dei pubblici concorsi. Una incisiva campagna stampa, l’apertura di una mailing list dedicata, sono alcuni degli strumenti che abbiamo utilizzato per agevolare la creazione di un nutrito gruppo di giovani, che hanno avuto, tra l’altro, occasione di entrare direttamente in contatto col rettore. Alcuni di questi ragazzi oggi sono nostri colleghi, alcuni di loro sono iscritti UIL.

    Dopo anni di emarginazione, finalmente i nostri colleghi centralinisti potranno frequentare un corso di formazione a loro dedicato e lavoreranno in postazioni informatiche adeguate alle loro esigenze di ipovedenti. Questo è il risultato di un progetto UIL che ci riempie di orgoglio.

    I risultati che abbiamo raggiunto nelle ultime elezioni RSU (raccogliendo un numero di voti doppio rispetto agli iscritti) ci incoraggia a proseguire in un’azione sindacale di respiro confederale, capace di superare i confini degli iscritti.

    Attualmente siamo impegnati con le altre OO.SS. e con l’amministrazione in un’intensa trattativa per l’applicazione di tutti quegli istituti contrattuali, come le progressioni economiche, che ci consentano di stabilizzare gli attuali livelli retributivi, preservandoli dagli effetti del recente decreto Brunetta.

    Per il futuro il nostro motto è: dalla qualità alla quantità.

    Il gruppo dirigente dovrà, infatti, mantenere elevato il livello di credibilità della UIL nei rapporti con l’amministrazione e le altre OO.SS. e guadagnarsi la stima crescente dei lavoratori, che speriamo si traduca nel maggior numero di tessere.

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    La migliore risposta possibile: la UIL

    Comincio la mia breve disamina in tema di lavoro pubblico col dire che non sono d’accordo con quanti, riferendosi all’ultimo decreto Brunetta, parlano di riforma della pubblica amministrazione. Lo stesso titolo del decreto legislativo 150/2009 è fuorviante “…Ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico”. E’ sufficiente, infatti, una veloce lettura del testo normativo per comprendere che si tratta molto semplicemente di un attacco “a testa bassa” nei confronti dei lavoratori pubblici, dell’ennesimo tentativo di delegittimare il sindacato, di un ritorno ad una concezione centralistica ed autoritaria della pubblica amministrazione…Insomma, si tratta di una vera e propria contro-riforma e tutto ciò  ci deve preoccupare soprattutto come cittadini.

    Il messaggio sotteso al decreto Brunetta è chiaro e condivisibile: i lavoratori non sono tutti uguali, così come non tutti i lavori sono uguali in quanto a impegno richiesto o logorio indotto. E’, dunque, demotivante e scorretta, per quanto faciliti la vita del sindacalista, la politica della distribuzione a pioggia delle risorse.

    I veri problemi sorgono nel momento in cui si esamina la ricetta confezionata dal Governo per superare le inefficienze della P.A.

    Il primo obiettivo del decreto è quello di asportare dal pubblico impiego gli istituti che maggiormente ne compromettono l’efficienza: la contrattazione e la concertazione…In altre parole, è l’ingombrante fardello delle relazioni sindacali ad impedire alla P.A. un salto di qualità!

    Perciò, d’ora in avanti sarà la legge e non il contratto a disciplinare i trattamenti economici accessori legati alla produttività ed al risultato, i processi di valutazione del personale e delle performances degli uffici, la mobilità. E’ legge dello Stato che un quarto dei lavoratori pubblici sono fannulloni per definizione e saranno esclusi dal salario accessorio e da qualunque progressione economica e di carriera. Peccato che in molti settori l’accessorio comprenda una serie di indennità fisse e ricorrenti, grazie alle quali gli stipendi riescono a mantenersi a mala pena sopra i mille euro. L’esistenza a priori di percentuali di lavoratori con performances alte, medie e basse, dalle quali dipenderà la possibilità per gli stipendi di superare la soglia di povertà, sarà fonte di inevitabili conflitti all’interno dei posti di lavoro. La valutazione è un istituto che dovrebbe servire al miglioramento di un’organizzazione. Ma se per legge i cattivi saranno sempre almeno un quarto dei lavoratori non potrà mai crescere la quota dei meritevoli.

    Questo elefantiaco apparato per la valutazione previsto dal decreto Brunetta, quanto costerà? Di sicuro sappiamo, perché scritto nel decreto, che la sola Commissione di valutazione prevista a livello nazionale costerà 2 milioni di euro nel 2009 e 8 milioni di euro a partire dal 2010 ! Da una parte si risparmia sugli stipendi, dall’altra si foraggiano ricche strutture che ospiteranno qualche illustre docente universitario a 300mila euro l’anno.

    Sparisce la concertazione in tema di organizzazione del lavoro. E’ tempo perso il confronto con i rappresentanti dei lavoratori, anche in occasione di importanti riorganizzazioni degli uffici, che coinvolgono la vita di chi ci lavora. Se tutto ciò non bastasse, viene riscritto il procedimento disciplinare e sono inasprite le sanzioni, tanto che l’insufficiente rendimento per due anni potrà determinare il licenziamento . I collegi arbitrali sono sostituiti da procedure di conciliazione non obbligatorie.

    In questo contesto, il singolo lavoratore rischia di essere schiacciato dallo strapotere dell’amministrazione che, senza il contrappeso del sindacato, potrà liberamente decidere del suo futuro professionale, del suo livello retributivo, del mantenimento del suo posto di lavoro.  L’atteggiamento di questo Governo nei confronti dei lavoratori pubblici sta già incoraggiando qualche amministrazione ad andare oltre il segno. Vi porto l’esempio dell’ateneo di Cagliari, dove stiamo sperimentando l’istituto del “gradimento”. Alcuni lavoratori, una volta superato un concorso interno per segretari di presidenza, si sono visti negare la nuova collazione lavorativa perché non graditi al preside di turno. Non osiamo immaginare cosa potrà accadere una volta che una simile parzialità, contaminando le valutazioni, condizionerà una parte rilevante dei nostri stipendi.

    Sul fronte delle risorse finanziarie la ricetta è diventata quasi banale ed è quella dei tagli indiscriminati, soprattutto nei settori sui quali il nostro Paese dovrebbe maggiormente investire per la ripresa economica. Esemplificativo è il caso dell’Università. E’ dal 1993 che l’Università subisce periodicamente dei tagli. E’ sufficiente ricordare la manovra pro-trasportatori,  che nel 2007 sottrasse agli atenei oltre 100milioni, o il decreto salva-banche del 2008. Sembra quasi che l’istruzione sia poco più di un capriccio, del quale si può fare a meno se i denari servono per cose più serie. Ora il bisturi finanziario è andato veramente in profondità con i tagli al Finanziamento ordinario. Le università del meridione hanno subito di recente un’ulteriore decurtazione di circa 52 milioni di euro. Per non parlare delle norme che, da una parte spingono per il pensionamento dei lavoratori pubblici, dall’altra ne limitano il ricambio al 50% delle uscite, che si riduce ulteriormente con l’applicazione del meccanismo dei cosiddetti “punti organico”.

    Se questo non bastasse, nella bozza di disegno di legge finanziaria 2010, approvata dal consiglio dei ministri martedì 22 settembre, sono indicati stanziamenti per il triennio appena sufficienti ad erogare l’indennità di vacanza contrattuale.

    Insomma, dopo aver sfiancato interi settori della pubblica amministrazione con tagli indiscriminati, ora il Governo, non solo disattende gli impegni assunti con l’accordo del  30 aprile scorso per il rinnovo dei contratti pubblici, ma decide unilateralmente di riscrivere le regole del gioco. Scopo del gioco? Ridurre il sindacato a mero spettatore delle scelte datoriali e fare cassa decurtando il salario dei lavoratori pubblici.

    Purtroppo, sapete bene che quanto vi ho raccontato è già presente, perché è scritto su testi di legge già in vigore. Non resta, dunque, che interrogarsi sul ruolo e sulle prospettive del sindacato e del rappresentante sindacale nel pubblico impiego, soprattutto per scongiurare inevitabili sentimenti di sfiducia dei lavoratori.

    Ritengo che l’unica risposta a quanto sta accadendo sia già iscritta nel DNA della UIL.

    Al desiderio di colpire duramente i lavoratori pubblici (fannulloni e privilegiati per via del posto fisso), dovremo avere il coraggio (e la voglia) di opporre un nuovo Sindacato. Un movimento di persone che alla protesta sappia accompagnare le proposte; che al naturale desiderio di lotta aggiunga la capacità di elaborare soluzioni concrete, anche a legislazione vigente. La autonomia dalla politica, l’idea che si rende un servizio migliore ai lavoratori sedendosi ai tavoli negoziali, piuttosto che abusare dell’arma propagandistica dello scontro totale, sono qualità che la UIL già possiede e che saranno indispensabili per limitare i danni di questo scempio normativo.

    Il sindacato si basa essenzialmente su rapporti di forza e la sua esistenza non dipende dagli spazi che gli sono concessi nei testi normativi. Ora che sulla carta c’è meno sindacato, ci sarà bisogno di più Sindacato…Ci sarà bisogno di più UIL!